L’etica nel lavoro e la responsabilità sociale dell’impresa

IL Club Aurelium ha dedicato la serata di Venerdì 6 maggio al tema distrettuale di studio “L’etica nel lavoro e la responsabilità sociale dell’impresa” la cui trattazione è stata affidata a tre oratori preparatissimi, i quali hanno affrontato l’argomento da tre diverse visuali.
Gli interventi degli oratori sono stati preceduti dalla cerimonia, sempre suggestiva e coinvolgente, dell’ammissione di due nuovi Soci, il Dr. Stefano Panke, presentato dal Socio Filippo Lucibelli, e il Dr. Franco Poggi, presentato dal Presidente Manzaro, due gradevolissime persone che da ormai lungo tempo erano ospiti graditissimi del nostro Club. Il Presidente ha poi informato i presenti che il 19 aprile u.s., sulla Via Aurelia alle porte di Roma, è stata posta una targa stradale con la quale al visitatore che entra viene reso noto che in Città opera il Lions Club di Roma Aurelium, con sede sociale presso il Grand Hotel “Parco dei Principi”. La lodevole iniziativa, realizzata nell’ottica della cordiale collaborazione con il XVIII Municipio, è stata molto apprezzata da tutti i presenti con espressioni di viva congratulazione nei confronti del Presidente.
Passando al tema della serata, il Prof. Matteo Caroli, ordinario di Economia presso la Luiss, ha inquadrato la sua esposizione nell’ottica aziendale privata, illustrando gli atteggiamenti responsabili che l’impresa può assumere nella ricerca di un punto d’incontro tra le finalità proprie dell’impresa medesima e l’esigenza del rispetto di una eticità nel lavoro. Nel conseguimento delle finalità proprie, prima fra tutte la produzione di ricchezza, l’impresa moderna non può disattendere alcuni principi fondamentali, ignorando i quali rischia di renderne insostenibile l’esistenza: l’economicità e cioè la creazione di ricchezza, la presa di coscienza dell’ambiente nel quale opera e l’assunzione della responsabilità sociale nei confronti del mondo interno ed esterno.
Oggi i secondi due appaiono maggiormente presenti nelle strategie produttive e gestionali dell’impresa, anche nella scelta del prodotto da immettere sul mercato, considerate sia la presenza di normative statuali nel campo del “welfare”, sia la pressione derivante da scelte consumistiche orientate da associazioni di consumatori nonché la presenza, sul mercato finanziario, di investitori in fondi etici.
Il Dott. Franco Lotito, socio Lion del nostro Club, nella sua veste di Presidente del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’I.N.P.S. ha intrattenuto l’uditorio sulle attività del maggiore ente previdenziale italiano, il cui bilancio annuale, nella gestione dei flussi finanziari di competenza, è secondo soltanto a quello dello Stato e che può considerarsi a buon diritto come il più grande soggetto sociale “no-profit” che opera nel paese, con finalità che, stabilite per legge, lo definiscono sociale per antonomasia. Basti porre mente al fatto che l’I.N.P.S. ha di fronte a sé non clienti ma cittadini, gestisce non prodotti ma diritti. Il tutto con trasparenza e responsabilità
Per questi motivi, ha concluso l’oratore, se in termini generali un bilancio è un rendiconto economico ed una assunzione di impegni economico-finanziari, il bilancio sociale, che l’I.N.P.S. si accinge a disegnare e pubblicare il prossimo anno, non può che essere una assunzione di impegni sociali, concernenti l’accesso ai diritti di cittadinanza per tutte le forme di lavoro, l’accrescimento della qualità e la tempestività delle prestazioni sociali, l’incremento della legalità aumentando il contrasto del lavoro nero e sommerso, l’individuazione e la lotta contro l’evasione contributiva per aumentare il volume delle entrate e migliorare l’azione di riscossione dei contributi.
Il Dott. Francesco Tamburella, dell’Intesa Consumatori, ha chiuso la serie degli interventi richiamando l’attenzione dei presenti sulla sentita esigenza del consumatore che l’impresa fornisca, con i suoi comportamenti produttivi, la maggiore affidabilità possibile, al fine di ottenere la totale tranquillità come cliente e perché si evitino motivi di conflittualità. Nel nostro paese i consumatori sono ancora troppo deboli e poco tutelati per cui, in attesa della “class action”, ottenere giustizia per questioni di poco conto, anche se numerose, è praticamente impossibile. In un rapporto commerciale con l’azienda, il consumatore può rimanere insoddisfatto, soddisfatto, appagato e coinvolto. Pertanto, scartato ovviamente il primo esempio che comporta un improbabile riacquisto, le ulteriori tre reazioni, elencate in scala crescente, sono quelle che l’azienda dovrebbe suscitare, specialmente l’ultima, in quanto un’azienda è tanto più affidabile quanto più è capace di coinvolgere il consumatore, il quale eserciterà anche un attivo passaparola.
Come si evince da quanto sopra riportato in maniera molto sintetica, le voci narranti della serata hanno affrontato l’argomento loro offerto da diversi punti di vista e lo hanno trattato in modo molto “soft” e, purtroppo, in termini temporali molto ristretti per cui alcuni temi di grande attualità, come quelli accennati dal Presidente Manzaro nella lettera di convocazione quali, ad esempio, la rincorsa al profitto più esasperato, attraverso l’aumento incontrollato dei prezzi, e la riduzione drastica dei costi, che rischiano di provocare squilibri e tensioni preoccupanti nel sociale, non sono stati neppure sfiorati. Infatti, si ignora quali giudizi avremmo potuto sentire, in tema di etica nel lavoro, sulla delocalizzazione di molte imprese italiane in paesi dove i diritti dei lavoratori sono totalmente ignorati, dove i salari sono talmente irrisori da ottenere costi finali per unità di prodotto incredibilmente bassi. Nulla si è detto sulla speculazione che ha accompagnato l’introduzione in Italia dell’euro, degli atteggiamenti disinvolti di molti imprenditori, anche nel settore della finanza, che hanno provocato danni irreparabili a centinaia di migliaia di risparmiatori. E altro ancora.
Per cui alla fine della serata ci si poteva ancora porre la domanda: ma davvero si può parlare di etica nel lavoro? Se per lavoro noi intendiamo “il meccanismo attraverso il quale l’individuo si inserisce nel flusso energetico dell’ambiente che lo circonda”, nulla di etico si può scoprire in esso, ma soltanto una esigenza di ottenere quanto occorre alla propria esistenza. Di fronte, sappiamo che l’etica, che in genere ha lo stesso significato di moralità, è “la dottrina dei princìpi e dei fini che dovrebbero guidare le azioni umane perché risultino buone e degne di approvazione sia da parte della coscienza del soggetto agente sia da parte del giudizio degli altri.” Ma questi due termini si coniugano? Si possono coniugare?
Senza fare della sociologia spicciola, tutti sappiamo con quanta fatica e quanto tempo è occorso perché il lavoro cessasse di essere considerato come creazione di ricchezza, quale in effetti lo è, ma non però quasi esclusivamente per una sola delle parti interessate. Si può citare, evitando ogni sospetto di schieramento, la “Rerum Novarum” con la quale, nel lontano 1891, Leone XIII rappresentò la presa di coscienza anche da parte della Chiesa della “radicale ingiustizia” in cui si trovavano gli operai, per cui si auspicava l’introduzione di moralità nell’economia (etica nel lavoro ante litteram!) attraverso la rivendicazione del “salario giusto”, affermando altresì la dignità del lavoro umano, che non è una merce e, infine, la liceità dell’intervento dello stato in campo economico. Si annota, come curiosità, che l’enciclica suscitò nel mondo cattolico entusiasmi e resistenze. Indifferenza nel socialismo, il quale si era già impadronito delle masse.
(Enzo Maggi)

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