Viaggio
del Lions Club di Roma Aurelium, attraverso le tre Repubbliche Baltiche
e, poi, a San Pietroburgo.
(29 maggio – 7 giugno 2010)

* * *

Essere Amici.



Elemento essenziale, necessario e vivificante del Lions International è e rimane l’Amicizia.

Se non si è Amici e non ci si sente, senza infingimenti, senza alcuna remora, incondizionamente «Amici», non si può creare quella tensione di volontà che porta ad una unione di esseri che pur hanno, e devono avere, una loro ben netta personalità che non può essere coartata, né limitata.

«Essere Amici», e considerarsi tali, non vuol dire assentire sempre e comunque alle proposte dell’altro. Accettare, supinamente, quello che l’altro propone. No, anzi: «Essere Amici» vuol dire anche saper dissentire, ma mai con acrimonia, per il gusto (molto italico) di contrastare e criticare per partito preso. «Essere Amici», vuol dire parlarsi pianamente, esporre liberamente la propria opinione, ma poi riconoscersi nelle decisioni che le Autorità Lionistiche, di Club, Zonali, Circoscrizionali, Distrettuali e Internazionali abbiano preso nel totale, indiscusso rispetto della gerarchia.

Il senso di Amicizia del Lions International vuole ed esige l’impegno di lavorare insieme per portare ognuno la propria pietra al cantiere di quel mondo nuovo che i Lions vogliono costruire.

In questa ottica, la gita sociale, il viaggio – molto più della Conviviale che pur ci deve essere – è un ottimo e imperdibile luogo per cementare i vincoli di Amicizia, conoscendoci meglio e, molto più, vivendo quelle esperienze comuni che cementano il rapporto anche e soprattutto nei ricordi di momenti unici vissuti insieme.

Ottima, quindi, l’idea del Presidente l’aver organizzato durante il Suo anno: due fine settimana; due gite di un giorno e questo stupendo viaggio!

Come quasi tutti gli anni, anche in questo, infatti, alla fine di quello sociale, il nostro Club ha effettuato il viaggio all’Estero. Di tutti quelli che ho conosciuto nella mia lunga permanenza nel Club, questo è senz’altro stato il più lungo (quasi dieci giorni; precisamente dalle ore 06.00 di sabato 29 maggio, alle 22.30 di lunedì 7 giugno 2010).

Ma la scelta, senz’altro coraggiosa, di organizzare un percorso così impegnativo e protratto nel tempo, non è stata affatto negativa, giacché l’attenta scelta del programma – ricco, vario ed esauriente – ha tenuto sempre desta l’attenzione, impedendo che sopravvenisse, con il calo di interesse, la noia.

* Il nostro viaggio. *

Abbiamo così conosciuto i Paesi baltici – per la maggioranza, avvolti in un’aura di insondabile mistero – e San Pietroburgo, una meravigliosa, strabiliante città sorta per coronare, non tanto il grande sogno russo di pervenire ad uno sbocco sul mare, quanto quello di ricollegarsi, non solo territorialmente, ma anche culturalmente, all’Europa.

Ecco quindi le tappe del nostro andare: l’Estonia, con la sua capitale Tallin e il centro balneare di Parnu; la Lettonia con la sua capitale Riga e il Castello di Sigulda; la Lituania con la sua capitale Vilnius, il castello di Traku e la celebre ?Collina delle Croci?. Infine, dulcis in fundo, San Pietroburgo.

Ci siamo trovati di fronte alla Capitale di un vastissimo Impero – com’era quello Russo che, dalle Coste del Mar Baltico, raggiungeva quelle dell’Oceano Pacifico; e che dal Mar Glaciale Artico giungeva al Mar Nero, al Caucaso, ai Monti dell’Iran e dell’Afganistan, alla Mongolia e alla Cina – e a tre Stati piccoli, ma altrettanto ricchi di Storia.

Una città fantasmagorica dai mille colori, potente, stupenda, capace di gareggiare con le più grandi Capitali europee da noi Italiani amata per il gran numero di nostri Artisti che ha provveduto a renderla così peculiare. Accanto, la delicata bomboniera di Tallin, l’appassita e decadente potenza di Riga e lo straripante desiderio di proiettarsi sul proscenio della vita europea, se non mondiale, di Vilnius.

Un’ultima doverosa osservazione su quello che, all’occhio di un osservatore poco attento, poteva apparire come un bizzarro procedere dell’itinerario, che, prima ci ha portato sul golfo di Finlandia, proprio di fronte ad Helsinki, a poche centinaia di chilometri da San Pietroburgo, poi ci ha fatto scendere via terra – pressappoco di trecento chilometri in trecento chilometri – prima a Riga in Lettonia e poi a Vilnius in Lituania per risalire poi, questa volta in aereo, ad Helsinki e poi a San Pietroburgo.

Per antica educazione, sono stato abituato ad affidarmi serenamente alle Persone che ho eletto a mia guida liberamente e consapevolmente (è il sacrosanto senso e rispetto della Gerarchia, che non è supina sudditanza, ma radicata e continua coscienza dei vari ruoli e dei rispettivi Diritti e Doveri), così mi sono attardato ben poco ad esaminare quella che, anche a me, sembrava una simpatica stravaganza.

Poi però, re melius perpensa, ne ho ravvisato i motivi e gli indubbi vantaggi.

La ragione era data dal fatto che, partiti in oltre cinquanta, a Vilnius solo sedici hanno deciso di prolungare il viaggio fino a San Pietroburgo; era quindi giusto che il 32% si "sacrificasse" a favore del 68% degli Amici, consentendo loro un più breve percorso per il ritorno a Roma. Per questi, il percorso seguito era logico sia dal punto di vista geografico, che concettuale.

Del resto, noi che siamo ?tornati indietro? in una stupenda giornata di sole più mediterraneo che baltico, dall’aereo, abbiamo potuto facilmente ammirare la pianura, i boschi, i fiumi, i cento laghi, la frastagliatissima costa ed un mare da brivido per i suoi colori, che, nel percorso stradale attraverso le tre Repubbliche, non avevamo certo potuto cogliere in tutta la loro sublime bellezza.

Ed ora vorrei scendere ad un migliore e approfondito esame e ad una descrizione più dettagliata delle mille sensazioni, considerazioni, passioni che questo meraviglioso Viaggio ha ingenerato nel mio stupefatto Cuore!

* Valentina, ma anche Dina. *

Prima, però, vorrei aprire un altro inciso e parlare delle nostre accompagnatrici.

Va subito precisato che, in questo viaggio, la figura, che in tutti i tours si ha di chi si interessa del gruppo, è apparsa tout a fait particulier, forse (anzi, senza forse), perché rappresentato da due figure femminili, belle, preparate, fini, sempre sorridenti, protettive, ma mai eccessivamente, senza scadere nella petulante ossessione, di chi è (fondatamente) in continua apprensione, di fronte a gente, talvolta alquanto sui generis…

Con una serafica calma, dando prova di superlativa Professionalità, hanno assecondato, ove possibile, ogni pur bizzarro desiderio, senza mai scomporsi, anche difronte alle più stravaganti richieste e contestazioni…

Non v’è dubbio che Valentina, la quale ha preso in consegna il gruppo al gran completo e si è poi sorbita le estemporanee richieste dei ?magnifici sedici? a San Pietroburgo, resterà tra i ricordi più teneri nel cuore di quelli che ne hanno potuto apprezzare la vivacità, la preparazione, la disponibilità e la cultura (la cantata del De Bello Gallico è stata una piacevole, esaltante sorpresa!...)!

Ma anche Dina è stata perfettamente all’altezza del compito affidatoLe. Nel periodo più duro del viaggio ha dovuto tenere a freno l’allegra, goliardica, disordinata baldanza di ben oltre cinquanta scolaretti (anche se un po’ in là con gli anni…), mostrando la sua sensibilità di Guida colta e attenta, di ottima lettrice dalla suadente voce.

Se i quasi dieci giorni sono trascorsi senza nessun intoppo, serenamente, se i nostri spiriti si sono arricchiti, non vi è dubbio che, per grandissima parte, si deve ai nostri Angeli Custodi, che, nella migliore tradizione di noi maschietti…, erano sotto le piacenti forme di una Bionda e di una Mora!

Io poi dovrò eterna gratitudine per l’impegno profuso, tanto da Dina, quanto da Valentina, per consentirmi di far combaciare le mie esigenze liturgiche con quelle del gruppo. Il non esserci sempre riuscito è ascrivibile alla mia libera e cosciente volontà!

* Estonia e Lettonia. *

Dei tre Paesi Baltici, i primi due non hanno mai raggiunto, nel corso della loro Storia, una identità nazionale che permettesse di assurgere al rango di Stati Sovrani. Solo alla fine del primo conflitto mondiale, e durante il periodo che sconvolse la Russia dopo il tracollo dell’Impero e l’assassinio della Famiglia Imperiale e dei loro inservienti, Estonia e Lettonia dichiararono la loro indipendenza.

Così come era innato nel Popolo Russo il desiderio di trovare uno sfogo sul Mare, così nel Popolo Germanico, stretto tra il mare del Nord, il Reno e il Danubio, sin dai tempi più lontani della Sua Storia, era forte la spinta verso le ampie pianure dell’est (der Drang nach Osten, l’impulso verso Est), ove non esistevano confini naturali ed era quindi facile trovare lo spazio per un così grande e numeroso Popolo (der Lebensraum, lo spazio vitale), che aveva bisogno per sopravvivere di terre da coltivare e porti ove approdare e svolgere i propri commerci.

Per questo, sin dal Medioevo, Cavalieri o Mercanti Germanici si spinsero lungo le coste verso queste terre per affermare la loro potenza o per ampliare la sfera dei loro commerci. Allo stesso modo, all’inizio del secondo conflitto, apparve naturale per la Germania ripercorrere le antiche strade e per questo ancora una volta Estonia e Lettonia, sia pur per poco tempo, furono incorporate nei territori dell’Ostland (territorio dell’Est).

Con l’avanzata dell’Armata Rossa, fino nel cuore della Germania, tutti i territori, comprese le due Repubbliche Baltiche rientrarono, a vario titolo, sotto l’influenza russa.

Caduto il sistema bolscevico, nel 1991 la popolazione estone per prima si ribellò, chiedendo e ottenendo la sospirata indipendenza, cui segui la costituzione della Repubblica Estone, poi di quella Lettone.

Questo per comprendere meglio il clima spirituale che si vive in questi due paesi. In essi, sono ancora ben visibili i segni di un sistema che, nel collettivismo e nella programmazione di ogni aspetto della vita del Paese ed individuale avevano tolto all’Uomo quella grande spinta rappresentata dalla libera iniziativa e che i Romani ben indicavano nella frase: «quisque fortunæ suæ Faber est!».

Soprattutto a Riga si è colpiti dal contrasto tra l’assoluto squallore, senza alcuna speranza, della periferia, ed il centro – sontuoso, elegante con le chiese dagli alti pinnacoli e i signorili Palazzi – attestante un epoca di grande splendore che tarda un po’ a risollevarsi.

Riga era, infatti, un antico porto della Lega Anseatica (formata dalle quattro città di Brema, Amburgo, Lubecca e, appunto, Riga). Particolare interessante e caratteristico: tutti e quattro i porti della Lega Anseatica si trovano in città dell’interno, alquanto lontano dalle coste, su fiumi navigabili. Precisamente: Brema sul Weser; Amburgo sull’Elba; Lubecca, anch’essa su un fiume, il cui nome non ricordo; Riga sul Dvina.

Tallin invece è apparsa più viva, già indirizzata verso un felice futuro, la povertà si intravede, ma non grida il suo dolore come a Riga.

Estonia e Lettonia, le più piccole per popolazione e territorio delle tre Repubbliche, hanno un dato in comune abbastanza sconcertante: un urbanesimo sconvolgente vede il 52% della popolazione estone abitare nella Capitale, mentre, per quella lettone, la percentuale è del 42%. Questo si nota uscendo fuori città. Dirigendoci da Tallin a Riga e da Riga fino al confine con la Lituania è tutto un susseguirsi di prati e boschi, praticamente disabitati, conferendo al paesaggio un quid, senz’altro positivo, di selvaggio e incontaminato, ma anche di una qual certa tristezza…

Questa prima parte del viaggio è già stata foriera di sensazioni e impressioni.

In Estonia, Tallin con le sue viuzze e le sue Case, la sua splendida e inaspettata marina; la città balneare di Parnu con la sua impressionante marea; le verdi pianure e i boschi, soprattutto quello dopo Parnu, ove tra gli alberi occhieggiava il mare.

In Lettonia, ancora il verde dei prati e dei boschi, immensi, sconfinati; il Castello di Sigulda; la ?gara? a chi vedeva più cicogne ?nere?; e la sfortunata ?caccia? alla mitica ?mucca bleu?, che la bella accompagnatrice-guida giurava e spergiurava esistere; la cena al bel ristorante medioevale; il museo etnografico di Riga; il ristorante di Riga ?sotto assedio? per la riunione Nato.

Tutto questo – a parte i mugugni, naturali in un Club di Leaders…– ha lasciato un segno che, quando, frigido pacatoque animo, ognuno di noi si fermerà a pensare, non potrà non andare ai momenti di risa, di serenità, di cameratismo, soprattutto per chi, anche nella contrarietà, è portato a trovare il buffo e il motivo per una battuta sagace.

* Lituania. *

Tutt’altra situazione per la Lituania.

Varcato il Confine con la Lettonia ed entrati il Lituania, sono numerosi i segni che, almeno a mio modesto parere, indicano la profonda differenza tra questa e le altre due Repubbliche.

La prima è data dalla Religione professata (o, addirittura, non professata) dai rispettivi Popoli e la omogeneità di questi.

L’Estonia ha una popolazione in maggioranza atea, per il resto divisa, rispetto alla Chiesa Cattolica, tra la posizione scismatica degli Ortodossi e quella eretica dei diversi orientamenti luterani, calvinisti e le altre sette d’orientamento protestante.

In Lettonia, ho notato lo strapotere luterano, importato dai commercianti tedeschi, ed una forte componente greco ortodossa, ricollegabile alla significativa presenza di popolazione russa. Minoritaria è la presenza Cattolica.

In Lituania, invece, una schiacciante percentuale della popolazione, pari all’85%, si riconosce nelle Verità proposte dalla Chiesa, Cattolica, Apostolica Romana. L’insignificante resto del 15% si divide tra scismatici Ortodossi ed eretici Protestanti. Vi è pure una buona rappresentanza Ebraica.

Tutto questo, oltre ad esprimere un evidente coesione del Popolo, si nota anche nel modo di comportarsi ed affrontare la vita.

Mentre il Credente nella Chiesa Cattolica, ove mai dovesse peccare, sa che c’è sempre un Dio, Padre di tutti noi, pronto ad accogliere il Figliol Prodigo, i credenti nelle varie teorie protestanti credono in un Dio, alquanto stravagante, che elargisce la Grazia ad Eius libitum, ragion per cui o si ha la Grazia o non la si ha e, quindi, uno dei più assurdi dettami di Lutero è appunto: «crede fortiter et pecca fortius!», tanto, una volta avuta, la Grazia non ti viene più tolta.

Un modo per sincerarsi se si è gratificati da Dio è constatare che si viva agiatamente e che tutto proceda ?a gonfie vele?. La mancanza di una qualsiasi possibilità di appello, nel caso di errore, porta ad una vita alienante. Senza la presenza di una Gerarchia che indirizzi il fedele, poi, tutto è affidato al caso; e il vertiginoso succedersi di mille sette, una più creativa dell’altra, soprattutto negli Stati Uniti, da il segno di dove si possa giungere senza la presenza di un Pastore che, ispirato da Dio, guidi il Suo gregge.

Nelle Chiese, poi, la differenza è evidente.

I Protestanti non credono alla Santa Eucarestia, mentre esaltano la Parola. Il Santo Vangelo è lì, spalancato su un tavolo, vaga sembianza dell’altare. Non c’è null’altro. Niente Tabernacolo, ove vive ed è presente Nostro Signor Gesù Cristo. È una provocatoria, sciocca affermazione di indipendenza: quel libro, tragicamente solo, nel totale vuoto delle loro Chiese, sembra dire: «Basto io, ognuno può leggermi, ognuno può interpretarmi come meglio crede!». Quel libro vuol urlare la sua bestemmia, di chi arrogantemente crede di poter fare a meno di una Guida, di una reductio ad Unum ad una Gerarchia, che tragga il Suo potere dal legittimo avente causa di Pietro.

Non c’è pietà, non ci può essere pietà, per chi non crede nella Divina Pietà ed ecco il beghino vivere di chi mette le sottane alle gambe ai tavoli, di chi ha paura della natura, di chi crede che l’Errore – non potendo avere rimedio o riconciliazione alcuna – debba essere punito in modo esemplare, come quella orrenda gogna, posta lì il Lettonia, davanti alla Chiesa, perché tutti possano vedere il reprobo e dire – quasi autoincensandosi fariseicamente – «ecco io sono nella Grazia!... non sono come lui!».

Ma sublime ci è apparsa la religiosità Lituana, dopo pochi chilometri dal confine lettone.

Subito dopo la scialba frontiera ed un paesaggio ancora monotono e triste, reso ancor più grigio da un cielo, non così sfolgorante, come per il resto di tutto il viaggio, improvvisa, discreta, mimetizzata nel verde della campagna, si è rilevata a noi la ?Collina delle Croci?.

L’Anima stupita in questi casi deve fermarsi, giacché non possono esistere parole atte a parlare del Cuore al Cuore, se non fermarsi ed entrare in te… «Noli foras ire! in te ipsum redi! in interiore hominis habitat Veritas», sì, diamo ascolto a Sant’Agostino! e fermiamoci, ascoltando il dolce richiamo dello Spirito che si abbandona a Dio.

Molti di Noi hanno lasciato, materializzandola, la loro Croce. Tutti noi, una in ricordo dei Nostri Amici, che ora «vivono nella Gloria di Dio e nell’unito Cuore di noi, sopravvissuti», come è stato scritto concordemente!…

Oltre alla Religione, peculiare è un’altra differenza.

Ancorché non abbia potuto avere una propria sovranità, come Granducato – operante nello ambito del Regno Elettivo di Polonia – la Lituania ha goduto, fin dal Medioevo di ampia e potente autonomia, anche perché i Suoi Granduchi erano Grandi Elettori del Re di Polonia. Caduto il Regno di Polonia e smembratone il territorio tra gli Imperi di Russia e di Austria, la Lituania venne occupata dai Russi. Cessato il primo conflitto mondiale fu assegnata allo Stato Nazionale Polacco. Dopo il secondo conflitto, lo Stato Sovietico ne riconobbe l’autonomia dalla Polonia. A seguito del crollo del sistema sovietico, anche la Lituania ottenne la sua Indipendenza.

Altro significativo contrasto tra le due Repubbliche di Estonia e Lettonia con la Lituania: l’omogeneità delle origini della cittadinanza. La quasi totalità della popolazione è di origine lituana (quasi l’81%)..

Invece, in Estonia, abbiamo solo il 65% di estoni ed un impressionante 28% di russi, tutti importati dai sovietici per una sorta di pulizia etnica (?!) e in Lettonia la situazione è ancor più preoccupante con uno striminzito 57% di lettoni e un 30% di russi (quasi un russo ogni tre abitanti!)! Questo lascia intendere che lo Stato Lituano è anche uno stato Nazionale, dove la quasi totalità della popolazione è omogenea e ben radicata nel territorio.

Ancora, mentre nelle altre due Repubbliche si è assistito ad un pauroso inurbanesimo, in Lituania gli abitanti della Capitale con il loro mezzo milione rappresentano solo il 15% dell’intera popolazione, di guisa che, superato il confine, man mano che si procede all’interno del paese, si nota il lieto fluire della vita.

Un po’ dopo la ?Collina delle Croci? la città più prossima è Siauliai, sotto i sovietici era città interdetta, perché sede di una potente base aerea russa; ancora le orrende case dormitorio ci fanno stringere il cuore, ma, poi, nel centro, carino, elegantemente discreto, ci accoglie un buon ristorante.

Poi, però, allontanandoci dalla Lettonia, la Lituania assume sempre più l’aspetto di uno Stato moderno, in perfetta simbiosi con gli altri dell’Europa occidentale: i prati appaiono curati, si notano fattorie, le povere strade del tempo sovietico, si aprono in belle autostrade ampie e scorrevoli, che si immergono in boschi lavorati e, alternati a loro, ancora bei campi amorevolmente coltivati.

Poi, l’ampio lago di Traku dalle coste frastagliate, punteggiato da tante isolette, con le sue acque azzurrissime, sulle quali, canterebbe Modugno, «respirano le bianche vele», lì possente, perfettamente e armoniosamente incastonato nella natura, il rosso massiccio del maniero, turrito e cintato di ampie mura.

Ripreso il cammino, all’uscita di un bosco, ecco, all’improvviso, spalancarsi, nella meridiana luce di una stupenda giornata, i grattaceli di Vilnius, svettanti, lucenti, accanto al bel fiume e ai prati… Non più le tristi caserme di case fatiscenti, ma tanta sorridente poesia, speranza in un futuro che è già presente…

Nella bella Lituania, la Gioia di essere in Cristo la ritrovi anche, non solo nella bella popolazione, ma anche nel rincorrersi, in mille poetiche, garrule risa di tanti movimenti chiaroscurali, colonne, archi, capitelli, nuvole e i neri e gli ori… è tutto un tripudio di gioia che ti esalta e ti porta per mano là, oltre il povero orizzonte terreno, nella Gloria di Dio.

Ed ancora, vita, religione, orgoglio nazionale, mille stili che si abbracciano, armonizzandosi tra loro, tanto verde e la città che si snoda in altrettante cento piccole città che si tengono per mano fino a formare un unicum indivisibile. Mi fermo e respiro, soprattutto con il cuore: vorrei che tutta quella vita, piena di forza e di bellezza, mi entrasse dentro. Per sempre.

Non sarà durata venti ore effettive la mia sosta a Vilnius, ma, vissute così intensamente, mi hanno lasciato un ricordo così pregno che non mi abbandonerà mai. Non sarà nostalgia quando ripenserò a lei, no! La sua anima è entrata nella mia e non mi lascerà mai.

* San Pietroburgo. *

San Pietroburgo è l’apoteosi dell’inimmaginabile, dello stupendo, del fantasmagorico.

Siamo arrivati ad un’ora che a Roma segna quasi il tramonto, ma, come avevamo notato già nelle Repubbliche Baltiche, e qui in modo maggiore, il sole era ancora ben alto e la sua stupenda luce – che la guida russa ci ha confessato non splendere così da decine di anni – è durata fino ad ore inoltrate, al punto che alle 23.00, ancora c’era tanta luce.

Ma questo fenomeno, a ben riflettere non deve stupire, ove si consideri che il Circolo Polare Artico si trova a un po’ più 66°, mentre San Pietroburgo a 60° latitudine nord (così, per avere un idea, Roma è posta a 42°!...)

Ecco perché, nei primordi della Storia, gli Antichi Popoli Nordici avevano una particolare venerazione per il Sole (come ha tenuto a sottolineare la nostra guida estone). Gli odierni neopagani usano ancora accendere (quelli che loro ritengono sacri) fuochi nelle notti del Solstizio d’Estate in onore del Sole che a loro appare come un dio.

Tale costumanza fa sorridere nei giovani del nostro Popolo, non tanto perché da duemila anni è giunta a noi la Buona Novella, quanto perché in Italia, molto più prossima al tropico, la differenza tra giorno e notte non è poi così forte, e, quindi, non possono certo provare quello stupefatto smarrimento che colpiva invece i Popoli del Nord nel constatare che il Sole – che durante l’inverno, non era mai apparso a rischiarare la loro fredda vita – ora splendeva senza quasi mai scomparire all’orizzonte…

A Vilnius, Riga e, molto di più, a Tallinn e a San Pietroburgo, invece, abbiamo ben potuto comprendere lo stato d’animo che doveva entrare nel cuore e nell’anima degli antichi progenitori dei Popoli del Nord. Di fronte a questo evento, che non riuscivano a spiegarsi, è facilmente intuibile come essi potessero credere in un quid di superiore, di divino e riconoscere nel sole la manifestazione di un’Entità benigna da venerare.

In ricordo forse di queste antiche credenze, ancora ora è in uso, tra i giovani sanpietroburghesi, in estate, trascorrere la notte ammirando la luce che rischiara fino ad ora inoltrata, quasi senza soluzione di continuità, il loro cielo. È la ?Festa delle notti bianche?.

Ma non è solo questa constatazione ad averci affascinato. Già al primo apparire, San Pietroburgo si è appalesata a noi nella sua solenne bellezza. Un vialone, il Moskovskij Prospekt, lungo undici chilometri, conduce direttamente dall’aereoporto al centro vitale della città.

Appena si giunge alla zona che precede il centro storico, un Monumento ricorda la resistenza sostenuta dagli abitanti e dalle truppe sovietiche durante l’assedio posto nella seconda guerra mondiale dalle Forze Armate dell’Asse (c’erano anche reparti militari di terra e di mare: specialisti del ?gruppo nebbiogeni? e altri imbarcati su sommergibili tascabili e motosiluranti. A loro Onore, va ricordato che, dopo l’8 settembre 1943, aderirono tutti alle Forze Armate della Repubblica Sociale Italiana).

Nel vecchio stile classico comunista, scarno, ma all’un tempo apologetico (ben lungi da quella che veniva chiamata la ?degenere arte borghese?, che lasciava a loro dire, troppo spazio alla libera creatività dell’artista), è descritto in modi che, a me non hanno dato fastidio, l’eroico comportamento (da nemico leale va riconosciuto!) tenuto dagli assediati e l’artista ha rievocato il corale apporto portato nel titanico sforzo, tanto delle Forze Armate sovietiche, quanto dalla popolazione.

Questo Monumento, ma molto più un altro successivo dedicato a Lenin, davanti ad un Palazzo, su cui troneggia l’antico simbolo del PCUS, mi ha fatto riflettere.

Ho pensato come in Italia non si sia posto attenzione sul fatto che «Historia, sicut vita, seu natura non fecit saltus!», e si sia tentato di rimuovere quasi un quarto di secolo della nostra Storia, negando il Fascismo, ponendo su Questo un’assurda damnatio memoriæ dal vago sapore iconoclasta.

A San Pietroburgo – che con il referendum, grazie al quale ha riacquistato il suo nome originale, ha fatto chiaramente intendere di voler superare l’esperienza Comunista del Collettivismo di Stato – gli antichi simboli del precedente sistema sono stati lasciati e a nessuno è venuto in mente di scalpellarli o di abbatterli. Questo mi è sembrata prova di grande maturità politica, civile e di amore per la Storia.

Quasi alla fine del Moskovskij Prospekt si raggiunge e si supera il fiume Fontanka, che, con il più vasto Neva, è uno dei due fiuni di San Pietroburgo. Per contenere le disastrose esondazioni del Neva, Pietro il Grande ideò – andando di persona in Olanda per approfondire il tèma – una serie di canali, che fungono da drenaggio e riequilibratori, con il Fontanka, al grande Fiume. Questo è tanto largo, quanto breve il suo corso, che va dal prossimo Lago Ladoga al Golfo di Finlandia.

E si entra nel Centro vero e proprio della città che è tutto un intersecarsi di viali e canali.

Il Cielo e l’acqua la fanno da padroni, ma i larghi viali, i Palazzi Nobiliari e Reali, le Chiese, non danno l’idea di una vita sospesa tra questi due elementi, senza la presenza rassicurante dell’altro, la terra (almeno per me che, da campagnolo, riconosco in questa, e non nell’acqua, il mio elemento padre da cui sento e chiedo protezione e vita!).
Altra sensazione che avvince ed ammalia: i colori incredibili delle facciate di Chiese e Palazzi, che attenuano, con la loro serena pace, lo scintillio degli ori, che, altrimenti, apparirebbe alquanto eclatante.

Le dimensioni di tutto il complesso urbanistico sono imponenti e all’un tempo armoniose, non sconvolgono con chiassosa albagia; l’alternarsi di Cupole Latine a quelle Greco Ortodosse; i pinnacoli che paiono voler bucare il cielo, infondono un movimento altalenante che ravviva lo sconfinato panorama al di sopra dei mille Palazzi, per lo più in stile Barocco e Neoclassico.

Ma i Palazzi Imperiali – quello d’Inverno, l’Ermitage e la Residenza Estiva di Zàrskoie Selò – con la Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, ove riposano l’ultimo sonno i componenti della Famiglia Imperiale, tanto all’esterno, quanto soprattutto all’interno, mi hanno trasportato in un mondo, ove luce, colori, musica di armonie e volumetrie ti danno lo stupefatto, mistico sentimento che parole umane non potranno mai descrivere.

La facciata principale del Palazzo d’Inverno, è un susseguirsi di stupenda poesia, scaturente dall’amalgamarsi pittorico e architettonico di tutto il complesso scenografico, che lascia completamente storditi.

Il colpo d’occhio pittorico, è data dal bianco delle colonne, dall’oro dei capitelli, dal verde smeraldo delle facciate, mentre quello architettonico è suscitato dai geometrici timpani, alternati agli archi delle finestre e a movimenti barocchi con ricchi fastigi; il tutto è completato dal forte aggetto di alcune parti, rispetto ad altre in posizione arretrata.

All’interno è tutto un’apoteosi di stucchi, specchi e ringhiere.

In queste, il nero e l’oro si incontrano l’uno raffrenando e l’altro esaltandolo il colore e la perfezione dell’ordito; gli stucchi dorati, gli specchi e il nitore della restante parete, conferiscono un’aura di intensa luminosità e profondità, dove l’occhio è lanciato ben oltre l’angusto spazio di un interno definito. Poi, archi, colonne e tanto oro, alternato al bianco; pavimenti coperti da parquet dal caldo rassicurante e dai puri ricami; da marmi sontuosi e ancora arredi che a me son parsi più belli di quelli di Versailles…

Più mirabile, stupefacente, se possibile, la Residenza Estiva di Zàrskoie Selò.

Protettive svettano le cinque cupole, tutto oro, della Chiesa Ortodossa con un finissimo merletto di oro e azzurro intenso, poi la facciata verso il giardino è tutta una trina, dove dominano il bianco e lo azzurro, punteggiata dall’oro dei fastigi e delle decorazioni.

Il fugace ricordo non può terminare senza parlare della Fortezza dei Santi Pietro e Paolo.

La Fortezza è il primo nucleo abitato di San Pieroburgo quando lo Zar Pietro I, il Grande, decise di creare un antemurale contro le incursioni svedesi; coronare il sogno atavico del Popolo Russo di giungere al mare; ricollegare la Cultura Russa a quella Europea. I lavori iniziarono nel 1703 e nel 1712 la capitale fu spostata da Mosca a San Pietroburgo.

Al centro della Fortezza, la Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo con la sua svettante Guglia, alta, solenne, sembra un dito che cerca di sfiorare quello di Dio! All’interno, oltre stupendi colori e arditi movimenti architettonici, le tombe di Pietro il Grande e Suoi discendenti, fino al martire, Nicola II, e la Sua Famiglia e i loro inservienti.

San Pietroburgo ha generato in tutti noi una serie eccezionale di sensazioni, impressioni, che si son rincorse tra loro in un crescendo rossiniano. Son stati sentimenti sognanti, fantastici, mistici, coinvolgenti, entusiasmanti, indescrivibili, perché superano ogni e più ardita immaginazione.

Ma, tra tutti, ci sono stati alcuni attimi che sono e resteranno in tutto il nostro essere per sempre come unici e irripetibili, il cui merito va ascritto alla bravura creativa e fattiva, del Presidente, della Tour Leader e delle due Guide.

Il refrain, che mi lascia molto perplesso, se non allibito, è quello di chi afferma di non voler tornare in un luogo, anche il più prestigioso,… «perché ci sono stato», come che una Città sia un film di evasione, di cui si conosca già la trama…

Bene, io credo di poter affermare che ben poche persone, di quelle che hanno visitato San Pietroburgo, possano in coscienza dire di conoscerlo così a fondo, nella Sua Anima più vera, avendo potuto: = 1) effettuare circa due ore di navigazione in un battello tutto per noi con Guida lungo i canali di San Pietroburgo e la Neva; = 2) assistere ad uno spettacolo di balletto al Teatro Mariinskij; a fortiori et ad abundantiam, il tutto organizzato in dieci minuti per il battello e in poche ore per il balletto.

Sul battello si è creata un’atmosfera goliardica, che ci ha fatto vivere momenti spensierati di pura, serena allegria, atmosfera che non ci ha impedito di ammirare San Pietroburgo in un modo particolare.

Interessante per me la visione dell’Incrociatore ?AURORA?, non tanto per il colpo di cannone sparato contro il Palazzo d’Inverno, che diede così il via alla Rivoluzione, quanto per aver partecipato alla Battaglia di Tsushima della Guerra Russo-Nipponica nel 1905, dove la Flotta Giapponese dello Ammiraglio Togo sbaragliò la Flotta Russa, episodio che, da giovane, Babbo mi ha descritto con profonda ammirazione per il Popolo Giapponese. Ed anche perché il suo equipaggio fu tra i primi a soccorrere le vittime di Reggio Calabria e Messina dopo il tragico terremoto, seguito da maremoto, del 1908.

Penso che sarà ben difficile per noi dimenticare quei momenti, ci sentivamo un po’ studenti, anche se modello, perché attenti ad ascoltare la nostra Guida, ma anche goliardi nei lazzi, risa e scherzi (io, nel portare le coperte per ripararsi dal freddo, mi sono improvvisato sceicco, provocando i più divertiti commenti). Filavamo nei canali salutando coppiette e passanti…

Non contenti ancora, la sera successiva siamo andati in un locale, dove, dopo l’allegro scoscettio di stupende ragazze, abbiamo ballato tutti, nessuno escluso, e, come gran finale, si è anche ballato uno scatenato twist.

Ma, dal momento che l’Uomo è sinolo di materia e di spirito, dopo il goliardico andare, ci siamo voluti far cullare dalla stupenda musica classica che ha accompagnato gli armoniosi passi del balletto più importante del mondo, dicono più del Bolscioi.

La visita, nella Fortezza dei Santi Pietro e Paolo, alla Sua Cattedrale, Pantheon degli Zar di tutte le Russie, ha coronato un viaggio semplicemente stupendo, che rimarrà nei ricordi più belli, vivi ed emozionanti della vita della mia Angela e mia.

Paolo Testi

 

LITUANIA "Collina delle Croci"

in ricordo dei Nostri Amici scomparsi

 

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