In una assolata domenica
di marzo, preludio di primavera, un nutrito gruppo di nostri soci
e amici e soci dei Club Amicizia e Nomentanum ha visitato la meravigliosa
Villa Farnesina in Roma - via della Lungara, rione Trastevere.
Sorta come dimora del
banchiere senese Agostino Chigi, grande mecenate e personaggio di
spicco nella Roma di inizio Cinquecento, la Villa è uno degli
edifici più rappresentativi dell'architettura rinascimentale
del primo Cinquecento a Roma.
Agostino Chigi, che aveva
accumulato una grande fortuna sia con la sua attività di banchiere
che dalla vendita dell‘allume estratto dalle cave della Tolfa
di sua proprietà, la volle maestosa e sontuosa vicino al Palazzo
dei Riario, nobile famiglia romana, allo scopo di ostentare la sua
opulenza alla nobiltà, che lo teneva in disparte considerandolo
un parvenu.
Il Palazzo Riario (1511-1518)
fu acquistato nel 1736 dai Corsini e inglobato nel Palazzo Corsini,
dove soggiornò Michelangelo giovanissimo e dove, nel 1659,
si insediò la Regina Cristina di Svezia rimasta lì per
circa trent’anni; sono ancor oggi visibili le volte della cosiddetta
“Alcova della Regina Cristina”, appellativo dato ad una
stanza che la regina destinò a sua camera da letto.
Il progetto e la costruzione
di Villa Farnesina, dedicata alla sua amata Francesca Ordeaschi, fu
affidata da Agostino Chigi al giovane Baldassarre Peruzzi; i lavori
ebbero inizio nel 1506 e, sebbene conclusi nel 1512, si protrassero
fino al 1520. A partire dal 1511, completate le murature, il Chigi,
che godeva della protezione di papa Giulio II prima, e Leone X poi,
chiamò per le decorazioni, i migliori artisti del tempo per
eseguire, negli spazi interni, cicli di affreschi con caratteri innovativi
secondo un programma iconografico interamente improntato alla classicità;
artisti come lo stesso Peruzzi, Sebastiano del Piombo, Raffaello Sanzio
e la sua scuola (compreso Giulio Romano) e Il Sodoma.
Fu il prototipo della
villa nobiliare suburbana romana, all'epoca era detta semplicemente
Villa Chigi e la sua realizzazione ebbe notevole risonanza. Con la
morte del Chigi, nel 1520, la villa decadde e venne depauperata degli
arredi e delle opere d'arte.
Nel 1580 fu acquistata
dal cardinale Alessandro Farnese e prese il nome di Villa Farnesina,
perché di fronte al Palazzo Farnese, situato sull’altra
sponda del Tevere. A tale periodo risale un progetto, non realizzato,
per collegare, con un ponte sul Tevere, Palazzo Farnese con la Villa.
Nel 1714 la Villa passò
di proprietà ai Borbone di Napoli che nel 1864 vi insediarono
il loro ambasciatore e promossero una serie di pesanti restauri. L’apertura
del Lungotevere nel 1884 comportò la distruzione di una parte
dei giardini e della loggia sul fiume, forse disegnata da Raffaello.
L'edificio, su due piani,
ha una innovativa, per allora, pianta a ferro di cavallo, che si apre
verso il giardino con due ali tra cui è posta una loggia situata
al piano terreno composta da cinque archi, attualmente chiusi da vetrate
protettive; la soluzione, pur necessaria per la salvaguardia degli
affreschi, ha alterato la percezione dello stretto legame tra la villa
e il giardino all'italiana, che nel tempo ha subito diverse modifiche.
L'aspetto originario dell'edificio presentava anche all'esterno ampie
superfici con affreschi dei quali oggi rimangono solo piccole tracce
non leggibili
La loggia serviva da palcoscenico
per le feste e le rappresentazioni teatrali organizzate dal proprietario.
Il grande sfarzo dei banchetti di Agostino Chigi è rimasto
proverbiale: nel 1518, dopo un banchetto, giunse a far gettare tutte
le stoviglie e le posate d’oro nel Tevere, ma astutamente le
fece recuperare dai suoi servitori grazie a delle reti appositamente
posizionate nel fiume.
Al pian terreno, un atrio
porta alla Loggia di Psiche, dove è dipinto il ciclo
con le Storie di Amore e Psiche, gli affreschi vennero sicuramente
disegnati da Raffaello, ma la stesura spetta alla sua scuola; le scene
sono inserite in un intreccio di festoni vegetali, opera di Giovanni
da Udine, nei quali sono riconoscibili circa duecento specie botaniche,
soprattutto domestiche, tra cui anche numerose piante importate dalle
Americhe, scoperte solo pochi anni prima.
Segue a destra la Sala
del Fregio, le cui pareti, alle quali erano forse appesi arazzi,
vennero affrescate nella fascia superiore da Baldassarre Peruzzi con
piccole scene mitologiche raffiguranti le Imprese di Ercole.
Contigua a sinistra della
loggia è la Sala di Galatea, un tempo con archi aperti
sul giardino, con l'affresco di Raffaello “il Trionfo di Galatea”,
la ninfa è rappresentata su un cocchio tirato da delfini tra
un festoso seguito di creature marine. Nelle lunette e nella volta
sono riprodotti personaggi e scene mitologiche; al centro della volta,
in un ottagono regolare, compare lo stemma del committente, sei sacchi
d’oro, gloria terrena del banchiere.
Al piano superiore si
trova la Sala delle Prospettive, dipinta dal Peruzzi e i
suoi aiuti come fosse una loggia; qui Agostino Chigi tenne il suo
banchetto nuziale nel 1519. Ai lati della sala il Peruzzi dipinse
due finte logge con colonne e archi affacciate su vedute di Roma,
tra cui una vista di Trastevere e una agreste; sopra il camino la
Fucina di Vulcano. Nella Sala delle Prospettive è facile individuare
sulle pareti incisioni e graffiti vandalici risalenti al sacco di
Roma del 1527 compiuti da lanzichenecchi che bivaccarono nella villa.
L'attigua Camera da
Letto, usata dal Chigi e dalla sua consorte, venne decorata da
affreschi del Sodoma (1517), con scene della vita di Alessandro Magno
e l’affresco particolarmente noto delle Nozze di Alessandro
e Rossane.
Villa Farnesina dal 1927 appartiene allo Stato italiano,
che l'ha fatta restaurare (1929- 1942) per destinarla a più
riprese dal 1969 al 1983 all'Accademia d'Italia. Oggi è utilizzata
dall'Accademia dei Lincei come sede di rappresentanza e ospita, al
primo piano, il Gabinetto nazionale delle stampe. Di fronte, dall’altra
parte di via della Lungara, il Palazzo Corsini è sede dell’Accademia
dei Lincei.
Al termine della visita,
condotta da una guida competente, in un ambiante della villa opportunamente
attrezzato come sala conferenze, un trio di validissimi elementi,
una soprano, un musicista alle corde e un altro a fiati e percussioni,
ha eseguito ballate, musica d’ascolto ed esercizi musicali del
Cinquecento con strumenti dell’epoca efficacemente presentati
e descritti: flauti (dritto e traverso), percussioni, liuto e chitarra
spagnola.
La giornata primaverile
che ha accompagnato la visita ha fatto da cornice al clima di amicizia,
distensione e soddisfazione stabilitosi tra i partecipanti che, ancora
una volta, hanno apprezzato e ringraziato il Presidente Francesco
Lomonaco e l’amico Giuseppe Pastena, Cerimoniere del Club, per
l’oggetto dell’iniziativa e per la sua efficiente organizzazione.
(D. Manzaro)