LE FALSIFICAZIONI MONETARIE PIU’ COMUNI

Stavo navigando su internet per cercare alcune notizie e curiosità per arricchire il resoconto della serata del 12 febbraio u.s., svoltasi presso il Circolo della Guardia di Finanza e che aveva come tema informativo “Le falsificazioni monetarie più comuni”, allorquando mi sono imbattuto in un certo Umberto Mannucci, autore di una pubblicazione Hoepli dal titolo “La moneta e la falsa monetazione”. Certo che dal nostro Past Governatore Distrettuale Emerito (quest’ultimo appellativo gli spetta di diritto e sùbito, prima che venga ulteriormente inflazionato) tutto ci si poteva aspettare, ma che addirittura si intendesse di monetazione falsa, lui che aveva sempre mostrato, giustamente e meritatamente, interesse per quella vera era troppo difficile da mandare giù.

Poi, rileggendo con più attenzione la notizia, potevo scoprire che “Mannucci” aveva due enne e che la pubblicazione era datata 1908. Si poteva passare sopra l’errato cognome (accade anche oggi); ma era difficile accettare che il Nostro potesse partorire pubblicazioni ancor prima di essere partorito lui. Cosicché sono rientrato dalla mia stupita curiosità e ho recuperato quei pochi appunti che avevo preso nel corso della interessante, ma stringata, conferenza che sul tema in oggetto aveva svolto il Dott. Col. Paolo Costantini, coadiuvato da un suo collaboratore con una serie di filmati che ritraevano malviventi nell’esercizio delle loro funzioni (sic!). Immagini catturate da telecamere che con estrema perizia erano state strategicamente collocate da uomini della Guardia di Finanza.

A dire la verità, hanno fatto un po’ di tenerezza quelle figure sfocate che armeggiavano, quasi fluttuando in una grigia nebbia, attorno ad una macchina stampatrice che sembrava essere identica a quella che avevamo visto utilizzare da Totò, Peppino de Filippo e Giacomo Furia, compagni in una improbabile banda di falsari dilettanti, desiderosi unicamente di permettersi di comprare un cappotto di lana e un paio di scarpe con lo “scrocchio”. Ovviamente da ben altre intenzioni erano animati gli individui ripresi (e, per fortuna, presi in manette) dagli uomini delle Fiamme Gialle se, come abbiamo appreso, facevano parte di un fenomeno talmente esteso da inondare, con il loro prodotto, la circolazione monetaria, ora sopranazionale, in maniera preoccupante e con una tale sofisticazione da passare inosservato alla maggior parte degli utilizzatori. Anche perché il taglio preferito della moneta falsificata si attesta sul medio-basso, dove minore attenzione viene prestata e dove maggiore è la velocità di circolazione.

La falsificazione monetaria è un fenomeno antico, nato con la stessa monetazione, allorquando venne abbandonato il baratto a beneficio di un mezzo obbiettivamente neutro nei confronti dei beni da scambiare e più facile da tesaurizzare. Le vicende riferite al diritto e alla potestà di conio sono strettamente legate alla evoluzione della società, passata dal piccolo o grande gruppo tribale allo stato sovrano, più o meno esteso e fino ad organizzarsi in forma sovranazionale. E l’inventiva nel trarre beneficio da azioni contrarie alle leggi che regolano l’emissione legale della moneta non ha mai conosciuto limiti e, sicuramente, a questo fenomeno, interessante e curioso nel contempo, dovrebbe essere dedicata la pubblicazione che , come dicevo in precedenza, mi ha colpito nell’iniziare questo mio resoconto.

E il fenomeno non conosce limiti anche dal punto di vista dei protagonisti, se tra costoro possiamo annoverare personaggi al vertice della società, addirittura una nazione stessa, come accadde durante la Seconda guerra mondiale, quando Hitler tentò di sconvolgere l’economia dell’Inghilterra, facendo stampare e immettere sul mercato inglese ingenti quantitativi di sterline false. Anche in Italia abbiamo avuto un episodio di falsa monetazione, la cui responsabilità non fu quella di sparuti gruppetti di falsari più o meno organizzati, bensì di dirigenti apicali di banche. Episodio che tutti ricordano come la scandalo della Banca Romana, istituto di credito che, con altre cinque banche, aveva la facoltà di stampare e mettere in circolazione carta moneta e che ancora riusciva ad impedire che l’emissione della moneta fosse affidata, come avvenne in seguito, alla sola Banca d’Italia, che allora si chiamava Banca Nazionale.

Quando il boom edilizio romano, causato dal trasferimento a Roma della capitale, si afflosciò e creò la solita voragine di fallimenti, la Banca Romana si trovò seppellita da una valanga di crediti inesigibili, al punto di rischiare il fallimento. L’inchiesta ministeriale accertò che la banca, per evitare il disastro, non soltanto aveva messo in circolazione moneta per 25 milioni più del consentito, ma ne aveva stampato clandestinamente altri 9milioni, che oggi corrisponderebbero a parecchie diecine di miliardi. E lo aveva fatto riprendendo le numerazioni già utilizzate in precedenza.

Fu vera e propria falsificazione? Personalmente (e ignorantemente) ho i miei dubbi, visto che il “falsario” era legittimamente facultizzato a battere moneta, aveva utilizzato materiale e mezzi autentici legalmente posseduti. Forse anche per questi motivi, ancora una volta e in puro stile italico, il balletto delle varie personalità dell’epoca - Giolitti, Crispi, Colajanni ed altri ancora - l’una contro l’altra armata e con coperture monarchiche, massoniche e da Oltretevere, riuscì a realizzare il solito finale “a tarallucci e vino”.

Gli stessi “tarallucci e vino” che hanno aperto e chiuso la seconda parte della serata conviviale che, non dimentichiamolo, era dedicata anche al declinante Carnevale, declino compiutosi al suono di una languida tastiera, alla voce di una graziosa cantante e alla temeraria esibizione danzante di alcune irriducibili coppie di soci ballerini.

Sicuramente non avranno avuto necessità di aspergersi delle rituali Ceneri. (Enzo Maggi)