Domenica insieme a S. Clemente

 

VISITA ALLA BASILICA DI S.CLEMENTE
(17 gennaio 2010)

E’ molto difficile ammettere che nella stessa persona possano albergare sentimenti contrapposti come quello del guerriero feroce e sanguinario e quello del principe letterato e mecenate. Eppure talvolta accade.
Il normanno Roberto I il Guiscardo, duca di Puglia, si adoperò non poco a favore della famosa Schola salernitana, scuola medica già nota nel secolo IX anche grazie all’opera di personaggi di grande cultura come l’ebreo Donnolo, e che agli inizi dell’undicesimo secolo aveva ricevuto un forte impulso innovatore specialmente nel campo della chirurgia dopo la traduzione in latino dall’arabo dell’”Arte medica” di Galeno da parte del cartaginese Costantino Africano. Ci sarebbe da riflettere non poco su questo esempio, lontanissimo nel tempo, di collaborazione e convergenza, seppure non concordate, tra uomini diversi per origini e cultura: ebraica, africana, latina e araba!
Eppure lo stesso personaggio, Roberto I il Guiscardo, duca di Puglia, nel 1084 guidava la soldataglia che si abbatté su Roma come un uragano, da vero e proprio” dies irae”: Normanni e Saraceni si ubriacarono in un’orgia di sangue senza precedenti e, dopo aver scannato, stuprato, mozzato mani e dita per meglio procurarsi anelli e monili, portarono con sé migliaia di Romani che furono poi venduti come schiavi.
Un perfetta concreta anticipazione della stevensoniana storia del Dottor Jekyll e del Signor Hyde!
E la stessa furia devastatrice si abbatté anche sulla la primitiva chiesa di S.Clemente, edificata nel IV secolo sopra una casa romana del I secolo dell’epoca imperiale, forse la stessa dove S.Clemente, terzo successore di Pietro alla guida della nascente Chiesa romana, riuniva i fedeli. Ma neppure questa costruzione costituisce il livello primario dell’intero edificio: infatti la casa romana è sovrapposta ad una precedente costruzione dell’epoca repubblicana, forse adibita inizialmente a magazzini e poi utilizzata quale luogo di culto mitraico. Quindi la riedificazione della chiesa, avvenuta sempre nel XII secolo e voluta dal papa Pasquale II, rappresenta il quarto livello di una serie di costruzioni sovrapposte.
L’attuale chiesa, per la cui realizzazione furono impiegati in parte materiali e frammenti decorativi della precedente distrutta nel 1084, fu soggetta nel tempo a restauri ed abbellimenti ad opera di vari papi, finché Clemente XI, con un incarico affidato a Domenico Fontana, la consegnò ai posteri, nel 1715, così come oggi la vediamo.
E gli stemmi di Clemente XI, affrescati da Giuseppe Chiari, accompagnano il grande quadro centrale che ricorda il “Trionfo di S.Clemente” e insieme si offrono alla visione del visitatore. Il quale non può non rimanere attratto dal superbo spettacolo della “Schola cantorum”, recuperata dalla basilica inferiore e posta al centro della navata principale. Sopra le bellissime opere rappresentate dal candelabro tortile, dal leggio, dal presbiterio elevato e dall’altare maggiore, splendono con mille luci e colori i mosaici del XII secolo che ricoprono l’abside e l’arcone.
Nel contenuto spazio riservato ad un resoconto informativo e non divulgativo, quale è il presente lavoro, non è consentito dilungarsi eccessivamente nella descrizioni dei luoghi visitati; anche se lo spettacolo inusitato che domenica 17 gennaio si offriva al nutrito gruppo di amici dell’Aurelium meriterebbe una pubblicazione a parte, non fosse altro che per il turbamento che, una volta discesi nella basilica inferiore, scoperta nel 1857, e poi ancora più in basso nelle stanze dell’epoca imperiale e nel tempio di Mitra, l’eroe persiano i cui seguaci furono accaniti persecutori di cristiani, si prova nel percorrere angusti e tortuosi ambienti, dove duemila anni orsono si riunivano persone mosse da motivazioni varie secondo le epoche, ma sempre aggreganti, lasciando del loro passaggio tracce che oggi si tenta di interpretare per ricostruire, oltre agli ambienti, anche sentimenti e modi di vivere.
E i brevi accenni riferiti a quanto di meraviglioso e importante, sia dal punto di vista storico che artistico, è possibile rintracciare in un edificio che racchiude in sé oltre duemila anni di storia, non possono avere la pretesa di assurgere a guida turistica e culturale. Possono al più, invogliare i lettori, assenti domenica 17 gennaio, a programmare una visita ad uno dei luoghi più interessanti e suggestivi che la nostra imprevedibile Roma conserva nel suo seno.
Alcuni degli amici, soddisfatti spiritualmente ma non materialmente, si sono poi diretti alla Casa dell’Aviatore, dove hanno potuto colmare le lacune presenti con ampio e gradito materiale a propria disposizione. (Enzo Maggi)