CONVIVIALE a tema:
“La politica è finita?”
relatore il Prof. Domenico Fisichella

18 marzo 2016

Parliamo di politica e di altro ancora

L’ora tarda e la cosciente consapevolezza di non essere in grado di condensare in poche parole il mio pensiero su quanto era stato esposto dall’illustre conferenziere, il nostro socio onorario Prof. Senatore Domenico Fisichella, hanno consigliato il vostro cronista a non porre domande e a privilegiare invece un sereno ritorno a casa, anche se con qualche curiosità da soddisfare e con le quali mi sono addormentato. Oggi, però, davanti al baluginante biancore dello schermo del mio pc per dare conto della interessante serata, le curiosità sono riemerse e mi sforzerò di esplicitarle, evitando ove possibile di apparire saccente o presuntuoso, sottolineando ancora una volta la mia inadeguatezza culturale e specifica.

La prima è la seguente: perché nella polis greca, come affermato dal conferenziere, la progressione gerarchica dei ruoli poneva l’economia al terzo e ultimo posto? Se poniamo mente alla etimologia del termine, non possiamo non tener presente che la prima parte, oikos, richiama la casa e non solo, ma anche l’insieme dei beni a disposizione dell’individuo, dal medesimo organizzati - seconda parte: nomia - come risorsa individuale. Come prima conclusione possiamo quindi parlare di economia anche a livello individuale; anzi, se vogliamo andare a disturbare Adam Smith, troviamo sostenuto che il benessere collettivo di una società si ottiene attraverso il soddisfacimento individuale: pertanto si pone come un prius nei confronti della collettività. Ricordato che “fare economia” significa anche utilizzare al meglio le risorse di cui dispone, parlare di economia vuol dire anche regolamentare le interazioni con altri individui che hanno per oggetto beni o servizi. Se si conviene su quanto appena detto, dobbiamo riconoscere che “l’economia” precede tutti gli altri comportamenti dell’uomo, sia come individuo fin dagli albori della sua comparsa sulla terra quando il suo unico scopo era quello di vivere, e soprattutto sopravvivere, utilizzando al meglio i beni dei quali poteva venire in possesso; sia quando, parte di un gruppo più o meno esteso, sorse la necessità di regolamentare convivenze, interessi e scambi economici per lo svolgimento di una vita collettiva. E anche per la difesa della collettività.

Anche per la difesa della collettività e cioè della polis. Quindi, ecco sorgere la necessità di organizzarsi per difendere cittadini e beni dalle altrui pretese mediante l’impiego di persone atte a farlo, e cioè i guerrieri. Da questi due aspetti della vita comunitaria e relazionale con altre comunità non poteva non scaturire, nel tempo, l’esigenza di una sua gestione pianificata, da affidare a persone corrette ed esperte, che avessero a cuore l’interesse comune e la capacità di garantirlo. A questo punto ecco realizzata quella tripartizione organizzativa della polis greca disegnata dal nostro conferenziere, con una elencazione che pone al primo posto la classe dei “sapienti” per l’aspetto organizzativo, e quindi anche normativo, della comunità; anche se, a mio modestissimo parere, la progressione cronologica dell’evoluzione dell’umanità sopra disegnata ne avvertirebbe la necessità soltanto alla fine del percorso evolutivo. Si potrebbe maliziosamente concludere che la classifica, notoriamente stilata da “personaggi sapienti”, non poteva che essere questa, lucrando sulla propensione alla speculazione degli stessi e sul loro carisma intellettuale e sui gravosi impegni delle altre due classi. Comunque sarebbe stato auspicabile che a quei tempi, come oggi, la sapienza dei reggitori della cosa pubblica fosse accompagnata anche dalla saggezza: saper fare qualcosa non sempre dà per scontato che la si faccia bene!

L’excursus storico intrapreso dal conferenziere ci avrebbe transitato verso la risposta al quesito della serata: “La Politica è finita?”. E il percorso avrebbe evocato di volta in volta periodi storici, avvenimenti da ricordare, evoluzioni riguardanti i vari aspetti della convivenza civile e altro ancora. Comunque ciò che al vostro cronista è rimasto maggiormente impresso è stato l’accento posto sul progressivo espandersi dell’influenza dell’economia sulla vita dell’intero pianeta, al punto tale che oggi ha assunto la dignità di scienza che si occupa di produzione di beni e del loro scambio, di domanda ed offerta degli stessi, di concorrenza, di monopolio, di costituzione della ricchezza, del reddito e di altro ancora.

A questo punto, prima di arrivare ai giorni nostri, non possono non tornare alla memoria periodi storici che hanno visto la gestione del denaro influenzare la politica di interi stati: basti ricordare l’attività dei banchieri italiani, e non solo italiani, nel sedicesimo secolo nei confronti degli stati europei che avevano necessità di finanziare le guerre. Comunque si trattava di un mestiere che aveva come tornaconto una lucrosa ricaduta nei confronti di una famiglia e in parte anche della comunità in cui questa famiglia viveva: basti pensare ai Medici fiorentini. Ma il possesso e la gestione della ricchezza, anche se non più riferita ad una sola persona o famiglia, ha una importanza decisiva anche oggi: tramontata l’epoca delle guerre di religione (fatti salvi deplorevoli esempi di fanatico fondamentalismo!), nel tempo hanno perso vigore anche le ideologie le quali, per la scontata conflittualità che le connota, fornivano motivazioni e comprensione per giustificare atti ostili e guerre a non finire. Oggi possiamo ben affermare che le guerre hanno meno spinte ideologiche e più finalità di ordine economico, che vanno dalla sbandierata esigenza di nuovi spazi vitali per il bene del proprio popolo, alla spasmodica ricerca di nuovi mercati di consumo dove piazzare prodotti al fine di incrementare profitti. Tale secondo aspetto, come ben delineato dal nostro conferenziere, ha contribuito a far nascere, come ineludibile filiazione gestionale, la tecnocrazia, la quale ha assunto le vesti del manager e del banchiere manager, le cui decisioni influiscono non poco sulla collettività e talvolta anche in maniera negativa: chi non ricorda la recente crisi finanziaria mondiale del 2006-2008? E allora è giunto il momento di chiederci: ma che fine ha fatto la politica? Il nostro conferenziere ha posto l’accento sul fatto che l’irruzione sul palcoscenico della vita economica del pianeta della tecnocrazia ha posto fine a quella che era fondata su motivi metafisici e, possiamo aggiungere, alla quale talora è stato assegnato il compito di costruire a posteriori giustificazioni ideologiche, destinate a legittimare comportamenti brutali e privi di scrupoli da parte di manager che detenevano il potere di agire sui mercati finanziari.

In chiusura mi sia permesso di trascrivere alcune righe nelle quali mi sono imbattuto consultando google per colmare eventuali mie lacune di ordine cronologico: “L’economia politica in senso moderno iniziò a prendere forma all’epoca del Machiavelli, ponendosi inizialmente l’obiettivo di aumentare il potere economico del Principe, (…) come condizione necessaria del potere politico e militare.” Dopo questa citazione possiamo ancora parlare di autonomia e di dignità della politica? Possiamo allora pensare che la politica sia destinata a scomparire? O che addirittura sia già scomparsa? Il nostro amabile conferenziere ha convintamente affermato che la politica, come esercizio di organizzazione e difesa della collettività, non può estinguersi, perché gli uomini debbono essere governati, tutelati nell’esercizio dei propri diritti, richiamati all’osservanza dei propri doveri, pronti a difendere i beni comuni, a cominciare dalla libertà.

La perplessità è soltanto una, ma cruciale: nel soffermarci a riflettere sullo spettacolo che la politica giornalmente ci offre con i suoi interpreti, quand’è che possiamo convintamente affermare che siamo - e siamo stati - ben governati?

(Enzo Maggi)

 

Il Presidente presenta il Prof. Fisichella

 

La relazione del Prof. Fisichella

 

Il relatore risponde alle domande

 

I riconoscimenti al relatore

 

L'omaggio floreale alla Sig.ra Fisichella

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