Però cosa può significare un piccolo segno
grafico come un accento! Il biblico Mosé fu salvato dalle acque, dalle
acque salvò il fuggiasco popolo ebreo, un moderno Mose (senza accento)
dovrà vedersela con le acque. Intendiamo riferirci a Venezia e ai tentativi
in atto per realizzare un sistema di difesa che riesca a frenare in qualche
modo l’irrompere del mare verso la città lagunare con il suo
deleterio fenomeno dell’acqua alta.
Nel suo libro “Signora dell’acqua”, Nantas Salvataggio s’inventa
un episodio che vede protagonista un quartetto di tutto rispetto, Vivaldi,
Goldoni, Casanova e Mozart i quali, alla vigilia della morte della Repubblica
veneziana, 12 maggio 1797, si scambiano alcune impressioni sulla declinante
città e il compositore austriaco confessa di capire perché “Venezia
ha un caratterino tutto suo: è il solo posto al mondo dove i cavalli
stanno in aria, i leoni hanno le ali e i piccioni vanno a piedi”. Con
grande immodestia, vorrei dire che si era dimenticato di aggiungere che si
va a fare shopping nei negozi e a prendere il caffè in gondola. Caratteristiche,
queste, che possono anche destare curiosità e offrire motivo di diversivo
al popolo vacanziero che ogni giorno invade Venezia; certamente lo sono un
po’ meno per gli ormai residui abitanti e, ancor più, per la
città stessa che ormai avverte come un ulteriore ennesimo schiaffo
alle proprie strutture ogni verificarsi del fenomeno dell’acqua alta.
D’altro canto, come pensare che ormai la città,quasi interamente
costruita su tronchi d’albero infissi su di un fondale melmoso e sabbioso
che non riusciva a sostenere il peso di marmi e pietre, non dovesse mostrare,
con il passare dei secoli, cenni di cedimento. E i Veneziani non furono assolutamente
avari nella utilizzazione del legno offerto loro dai rigogliosi boschi dell’entroterra:
basti ricordare che nella costruzione della Chiesa della Salute, prezioso
gioiello del XVII secolo, furono infissi nel fondale marino quasi un milione
e duecentomila tronchi d’albero, così ravvicinati da costituire
loro stessi il primo pavimento. Purtroppo oggi, dopo quindici secoli dai primi
insediamenti e tredici dalla costituzione di una città-stato, occorre
prendere atto che se si vuole conservare un patrimonio che tutto il mondo
c’invidia, dobbiamo assumere iniziative radicali e non più procrastinabili.
Strano destino quello di Venezia! Sull’acqua e con l’acqua, che
le ha garantito piena sicurezza, ha fondato la sua potenza e la sua ricchezza
per dodici secoli. Oggi, da questo stesso elemento viene minacciata mortalmente.
Questa stessa amica-nemica alla quale ha dedicato ogni tipo di cura, addirittura
istituendo, agli inizi del 1500, un organo che aveva l’incarico di controllare
la laguna: il Magistrato alle Acque, istituto ereditato poi dallo stato italiano
e che ha ancora sede in Venezia.
La disastrosa alluvione del 4 novembre 1966, che con i suoi 194 centimetri
di acqua alta doveva rappresentare la più eccezionale del XX secolo,
deve aver costituito l’ennesimo e, speriamo, definitivo campanello di
allarme alle orecchie di tutte le istituzioni, il mondo scientifico, politico
e culturale, i mezzi di informazione e la popolazione: non c’era più
tempo da perdere. Anche questa volta, come era accaduto con il crollo del
campanile, l’acqua infuriata che si era impadronita della Piazza e limacciosa
vorticava nel Canal Grande, non aveva fatto vittime. Ma lo sconcerto e il
terrore erano stati enormi. E con i primi anni settanta, con il susseguirsi
di leggi speciali e di concorsi per acquisire progetti, ha inizio il cammino
che dovrebbe portare a realizzare un ambizioso risultato: difendere, recuperare
e riqualificare uno dei luoghi eletto patrimonio dell’umanità:
Venezia e la sua laguna.
Quest’opera, il cui nome MO.S.E. costituisce l’acronimo di MOdulo
Sperimentale Elettromeccanico, consiste in un sistema integrato di difesa
costituito da schiere di paratoie mobili a scomparsa, in grado di isolare
la laguna veneta dal mare Adriatico durante gli eventi di alta marea superiori
a 110 centimetri. Queste paratie saranno posizionate davanti alle tre bocche
di porto del Lido, di Malamocco e di Chioggia, bocche attraverso le quali
l’Adriatico affluisce nei momenti di alta marea e si riversa sulla laguna.
Come sopra accennato, il cammino del progetto ha avuto inizio, sia pure in
forma di semplice studio, nei primi anni settanta ed è andato avanti
come un percorso ad ostacoli: infatti si è dovuti arrivare al 2003
per la posa della prima pietra e, se non si presenteranno altri inciampi e
se, soprattutto, non verranno meno i necessari finanziamenti, la conclusione
dei lavori, oggi al 60%, è prevista per il 2014. A quel punto dovrebbero
essere stati necessari quasi cinque milioni di euro.
In precedenza è stato chiarito che i lavori del MO.S.E. interessano
tre bocche di porto. Direttore dei lavori in corrispondenza della bocca di
porto di Chioggia è il nostro amico Ing. Maurizio Moroni, illustre
socio del nostro Aurelium. E a lui la sera del 22 gennaio u.s. è stato
affidato l’incarico di intrattenere soci e amici su questo argomento
dai risvolti non soltanto tecnici, ma anche inediti e di quotidiana curiosità,
destando vivissimo interesse nei presenti, intervenuti numerosi. E si deve
al Presidente Mele se, nel solco di una tradizione ormai consolidata da numerosi
esempi pregressi, ha voluto valorizzare una delle tante professionalità
che arricchiscono il nostro Club, riservandogli un incontro come protagonista.
Alla conferenza dell’amico Moroni è seguito un intervento della
Prof.ssa Patrizia Ghelardini, ospite della serata assieme ai colleghi Luciano
Paolozzi e Giuseppe Luzi, la quale ha presentato i risultati della ricerca
su nuovi antibiotici anti-resistenza batterica, ricerca alla quale il nostro
Club, nell’annata 2006-2007, ha contribuito con un service in danaro.
Il presente resoconto, necessariamente conciso, non può rappresentare
il luogo più adatto ad una divulgazione di un argomento altamente scientifico,
anche per la inadeguatezza culturale di chi scrive. Comunque non si può
non evidenziare, estrapolando dalla dotta conversazione della Prof.ssa Ghelardini,
un argomento che ha colpito particolarmente l’uditorio e cioè
la facilità con la quale la popolazione microbica assume valori superiori
al milione di individui, per cui diviene altamente probabile una spontanea
modificazione del patrimonio genetico. Ed è questa caratteristica che
consente ai batteri di ritrovare l’assetto più opportuno per
sopravvivere in qualsiasi circostanza, compresa quella dell’azione letale
degli antibiotici.
Si può facilmente immaginare quali possono essere le conseguenze legate
a tale fenomeno: il completo fallimento terapeutico. Gli studi portati avanti
dalla Prof.ssa Ghelardini e dai suoi valorosi colleghi Paolozzi e Luzi sono
proprio mirati a contrastare l’insorgere della sopra descritta resistenza
batterica, recuperando agli antibiotici tutto il loro rassicurante potere.
E il nostro Club ha preso atto della meritevole opera dei ricercatori e, per
quanto è stato possibile, ha ritenuto di dover contribuire alla prosecuzione
della meritevole operazione.
(Enzo Maggi)