LA GUERRA MONDIALE 1915-1918

Mentre stavo leggendo la lettera del Presidente Lomonaco con la quale si invitavano i Soci dell’Aurelium a partecipare alla conviviale del 23 gennaio u.s., che avrebbe visto la presenza, in qualità di conferenziere, del Gen. Franco Angioni, il tema trattato - “La Grande Guerra - Avvenimenti e considerazioni” - mi fece ricordare che da qualche parte dovevo aver conservato la prima pagina originale de “Il Giornale d’Italia”, datata 24 maggio 1915. La ricerca non fu breve, anche perché era tra le cose della mia casa di campagna, ora dismessa, che avevo recuperato e conservato. Cosicché potei rileggere il documento soltanto qualche ora dopo aver ascoltato la prolusione del Gen. Angioni, molto interessante e coinvolgente, densa di dati, circostanze e considerazioni che hanno contribuito a rievocare negli ascoltatori tragici avvenimenti, certamente non vissuti, ma ugualmente pieni di ricordi, tramandatici da chi ne era stato attore o testimone. Ma la lettura, all’indomani della conferenza, è stata motivo di ulteriori riflessioni e considerazioni che, sollecitate dalle parole del conferenziere, mi hanno spinto ad approfondire, anche su altri aspetti, un parte di storia patria, e mondiale, della quale oggi ricorre il primo centenario.

Tutti ricordano che negli anni che videro gli avvenimenti dei quali si parla, in Europa si fronteggiavano due triplici raggruppamenti di stati, la “Triplice Alleanza”, nata a Vienna nel 1882 e comprendente l’Italia, l’Austria e la Germania, e la “Triplice Intesa”, sorta tra il 1904 e il 1907 e che vedeva alleate l’Inghilterra, la Francia e la Russia. Entrambi patti militari difensivi - almeno a parole ! - erano stati stipulati per garantire lo statu quo ai paesi aderenti, ognuno nella propria ottica di convenienza. Riguardo all’Italia, essa aveva aderito all’alleanza più che altro perché desiderosa di non sentirsi più chiusa nel mare che la circonda dopo che la Francia aveva occupato la Tunisia, terra verso la quale ambiva di espandersi per acquisire la cosiddetta “quarta sponda”. Quanto avvenne nel 1911 con la guerra per la conquista della Libia appare come diretta conseguenza dell’accordo del 1882. Su questo argomento mi permetto di consigliare la lettura del libro di Sergio Romano “La quarta sponda”.

Dopo l’attentato di Sarajevo, l’Italia, in virtù di un articolo del trattato di Vienna, proclamò la sua neutralità: questo atteggiamento suscitò il consenso del Paese, l’ira degli alleati e, di conseguenza, l’interesse degli appartenenti all’Intesa i quali iniziarono un pressante lavorìo nei nostri confronti, facendo sostanziose offerte per attrarci nel loro campo, denunciando l’alleanza in atto e scendendo in guerra contro l’Austria e la Germania. Per la verità in qualche influente uomo politico italiano già albergava un certo interesse verso gli atteggiamenti dell’Intesa e non mancavano, sia pure segretamente, spinte affinché l’Italia compisse una giravolta di 180 gradi, uscendo dalla Triplice; peraltro le offerte che venivano poste sul piatto non potevano non ingolosire i nostri governanti: si trattava, tra l’altro, di acquisire Trento, Trieste, l’Albania e una posizione di dominio nell’Adriatico, terre che avevano visto in passato impegnato il nostro paese in varie “guerre d’indipendenza” e questa, la quarta, forse poteva essere l’ultima e definitiva.

Tutto ebbe inizio il 28 giugno 1914 con l’attentato di Sarajevo. Da quel mese in avanti e fino al 26 aprile 1915 si aprì una specie di mercato delle vacche! L’Austria aveva capito che l’Italia rischiava di restare accalappiata dalla sirena dell’Intesa e, quindi, cercò in qualche modo di stopparne le iniziative, offrendo a sua volta più o meno le stesse concessioni. L’Italia promise di pensarci, lesinando le risposte e guadagnando tempo per vedere come si mettevano le vicende militari; quando queste cominciarono a volgere per il meglio per la Russia e, conseguentemente, in peggio per l’Austria, avanzò, in cambio dell’intervento, controproposte piuttosto pesanti, comprendenti quasi tutta la Dalmazia, tutta l’Istria, il Dodecaneso e un posto al tavolo delle successive spartizioni in Africa e nel Medio Oriente. E tutto questo, come suol dirsi, “sul tamburo”, ovverossia: per ciò che atteneva ai territori fuori del dominio dell’Austria alla fine del conflitto, ma immediatamente per quelli che in quel momento facevano parte dell’impero austro-ungarico. Ovviamente l’Austria rispose negativamente “…rilevando l’impossibilità materiale di una immediata consegna dei territori ceduti…”, mostrandosi tuttavia “disposta ad assicurare fino ad ora tale consegna entro un termine poco lontano.” La conseguenza fu l’adesione dell’Italia al Patto di Londra del 26 aprile 1915, con l’impegno di scendere in guerra entro la fine di maggio. E arrivò il 24 maggio!

Tutte queste vicende sono riassunte nella recuperata pagina del giornale di cui sopra, di difficile lettura sia per la patina del tempo che l’ha ingiallita, sia per i minuscoli caratteri tipografici usati che la inondano, timidamente interrotti da una titolazione geometricamente inserita e sovrastati da un titolone che occupa tutte e sei le colonne e che testualmente recita: “L’Italia spiega ai Governi esteri le cause della guerra”. Comunque, nel tracciare una breve cronistoria degli avvenimenti che hanno preceduto la discesa in campo sell’Italia, non si può fare a meno di accennare alla circostanza che tale soluzione era stata auspicata e fortemente voluta dagli interventisti delle popolazioni del Trentino, della Venezia Giulia e della Dalmazia, dai futuristi di Marinetti e da D’Annunzio, il quale si mostrò molto sensibile agli inviti che gli venivano rivolti dalla Francia affinché appoggiasse la causa dell’intervento dell’Italia a fianco dell’Intesa con la sua attività di poeta e politico.

Purtroppo anche in quella avventura bellica il nostro paese dovette fare i conti con forti deficienze: superiori come numero di uomini schierati al fronte, altrettanto non si poteva dire degli armamenti e gli equipaggiamenti delle truppe: basti pensare che i nostri soldati non conoscevano l’esistenza, e quindi l’uso, delle bombe a mano, scarseggiavano le mitragliatrici, i fucili erano pochi e di vecchia data. Mancavano addirittura gli elmetti, distribuiti successivamente e di provenienza francese. Ma la carenza maggiore si doveva registrare nei rapporti tra governo e stato maggiore: la segretezza con la quale si era giunti al Trattato di Londra il 26 aprile 1915, meno di un mese dal nostro intervento, aveva colto di sorpresa gli alti comandi dell’esercito, i quali non avrebbero avuto così a disposizione il tempo necessario per prendere le opportune iniziative.

Dei lavori della Conferenza di Pace di Parigi ha parlato con dovizia di particolari l’illustre conferenziere, ricordando la sciagurata iniziativa del Presidente degli Stati Uniti con la sua dirompente proposta di “autodeterminazione dei popoli” la quale, se da un lato poneva fine alla segretezza della diplomazia, alimentava spinte demagogiche e populiste nelle popolazioni che si vedevano trattate come merce di scambio. Forse non si sbaglia del tutto se si attribuisce anche a questa iniziativa un contributo alla successiva nascita, nel nome “della vittoria mutilata”, di movimenti nazionalisti estremi. La portata dell’intervento militare degli Stati Uniti risultò sicuramente decisivo per le operazioni sul fronte francese; un po’ meno per quello italiano. Su questo secondo scacchiere possiamo acquisire qualche interessante notizia leggendo “Addio alle armi”, il cui autore, Ernest Hemingway, vi prestò servizio in qualità di autista di ambulanze.

Nel chiudere il presente resoconto della riuscitissima serata, mi sia consentito accennare a due curiosità. La canzone “La leggenda del Piave”, composta da E.A.Mario, verso la metà del 1918, probabilmente fu ispirata dagli avvenimenti legati alla ritirata di Caporetto e alla resistenza italiana sulle sponde del fiume Piave; però mi viene di ipotizzare che il 24 maggio 1915 le truppe italiane si accingevano ad attraversare il Tagliamento, fiume più vicino del Piave al confine orientale con l’Austria. E ancora più a est scorre l’Isonzo, fiume tragicamente famoso per le dodici battaglie che lo videro spettatore. Ancora: le truppe austriache che il 24 ottobre del 1917 per prime sfondarono lo schieramento italiano erano comandate da un tenente tedesco, il cui nome era Erwin Rommel, la famosa “volpe del deserto” della seconda guerra mondiale. La rapidità con la quale si mosse, gli consentì in ventiquattr’ore di penetrare per trenta chilometri dietro il fronte italiano, facendo trentamila prigionieri. Prove generali di quanto sarebbe successo in Africa agli inizi degli anni quaranta! Ma anche nel 1917 si anticipò il 1942: una infiltrazione così facile e profonda prese di sorpresa gli stessi comandi austro-tedeschi, i quali non riuscirono a supportare convenientemente, con altre truppe, l’azione di Rommel il quale fu costretto a fermarsi prima di poter tagliare la strada alle truppe italiane in ritirata.

Infine deve essere ricordato che nel corso di alcune domande rivolte al conferenziere, un socio ha evocato un argomento di grande attualità: l’immigrazione. Non è mancato un intervento del vostro cronista, ad adiuvandum della diffusa ed esauriente risposta fornita dal Gen. Angioni. Comunque nel nostro club non sono, a suo tempo, mancate iniziative tendenti ad approfondire l’argomento: il sito dell’Aurelium, nella voce “Dai nostri soci”, ospita una relazione del sottoscritto del giugno 1990.

La riuscitissima serata ha registrato l’ammissione di un socio onorario nel Lions Club Roma Capitolium, con il quale la conviviale era stata programmata, nella persona del reverendo Don Carmine Brienza, accolto con simpatia nella grande famiglia lionistica. L’incontro si è chiuso con la premiazione da parte del Presidente Lomonaco dei tre vincitori della “Caccia all’errore tipografico”, volutamente inserito nella stampa dei calendari dell’Aurelium: i soci Ricciardi, Giglio e il sottoscritto si sono visti consegnare un ponderoso pacco la cui apertura, procrastinata al ritorno a casa, ha rivelato una “grattificante” (proprio così con due “t”) sorpresa. (Enzo Maggi)

 

I due Presidenti aprono la serata

 

La relazione del Gen. Angioni

 

La sala della Conferenza

 

Targa ricordo al Conferenziere

 

l'ingresso del nuovo socio nel Club Capitolium

 

I premiati del concorso -Caccia all'errore-

 

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