UN INCONTRO CON ENNIO MORRICONE
Roma, 24 giugno 2016
Con la puntualità
che contraddistingue ogni lion, martedì 21 giugno di quest’anno,
alle 10 precise, quattro soci del Lions Club Roma Aurelium si sono
ritrovati a Piazza Venezia sotto il fatidico balcone che, a prima
vista, non sembra un vero e proprio balcone, ma una semplice balaustra
un tantino sporgente dalla facciata del palazzo. Per cui non si capisce
come poteva, in certe occasioni, apparire affollata di personaggi
che facevano da corona all’illustre oratore. Accompagnati da
queste riflessioni e nell’attesa che scoccasse l’ora stabilita
per l’incontro con l’amico M.o Ennio Morricone, il Presidente
Mario Paolini, il Segretario Francesco Lomonaco, il Consigliere Domenico
Giglio e il sottoscritto si sono avviati verso l’abitazione
dell’illustre socio con una andatura che si poteva definire
turistica, ma che ha consentito di ammirare ancora una volta le stupende
inferriate che ornano i tre ingressi al portico della plurisecolare
Basilica di San Marco Evangelista e il Palazzetto Venezia che, interamente
demolito nel 1909, venne ricostruito quasi fedelmente quattro anni
dopo, addossandolo ad una facciata del Palazzo Venezia.
Non nascondo che provavo
un certo timore al pensiero che di lì a qualche minuto mi sarei
trovato al cospetto di una persona famosa in tutto il mondo, osannata,
e al tempo stesso invidiata, per le sue creazioni musicali, premiata
con riconoscimenti nazionali e internazionali e che il nostro Lions
Club Aurelium si onora di avere come socio effettivo da ormai trentacinque
anni. E mi permetto di pensare che identico sentimento stessero provando
anche gli altri amici che mi accompagnavano. Però quando il
M.o Morricone ci venne incontro sulla soglia del suo appartamento
e ci accolse con grande cortesia e disarmante semplicità, dimostrando
fin da subito totale disponibilità verso le attese dei visitatori,
il timore reverenziale che ci pervadeva crollò di colpo e il
M.o Morricone divenne immediatamente il socio Ennio. Non mancò
in seguito che qualcuno di noi, rivolgendogli qualche domanda, usasse
il “lei”: ma presto l’amicale “tu” riprendeva
il sopravvento e il formalismo scompariva.
Una grande sala, occupata
da almeno quattro salotti completi di divano e poltrone, ci accolse
con i suoi meravigliosi quadri e arazzi; e allora mi ricordai che
tempo addietro, nel corso di una rapida visita di cortesia, Morricone
mi aveva confidato che la vastità della sala, unita a quella
del resto dell’appartamento, gli consentiva di praticare ogni
mattina una specie di jogging domestico! Una volta terminati i convenevoli
di rito e consegnato il leone di cristallo che il nostro Presidente
internazionale Jitsuhiro Yamada ha voluto, tramite il Presidente Mario
Paolini, far pervenire al nostro illustre socio in segno di riconoscimento
dei suoi meriti artistici, ha preso il via una piacevole e istruttiva
conversazione che assolutamente non avrebbe poi potuto essere considerata
formale intervista, considerato il clima amichevole e confidenziale
con il quale si andava svolgendo e che avrebbe lasciato pochissimo
spazio a frasi virgolettate. Abbandonato il taccuino sul quale mi
ero annotato gli argomenti da trattare, ho richiamato alla memoria
di Morricone un incontro che si era tenuto nel lontano marzo del 2001,
organizzato presso l’Oratorio del Gonfalone dall’amico
Giorgio Dori, a quel tempo Presidente dell’Aurelium, per consegnargli
il “Melvin Jones”, nel corso del quale furono eseguite
alcune sue composizioni musicali, interpretate da tre musicisti che
figuravano tra i preferiti del maestro. Il tutto documentato da una
brochure realizzata per l’occasione e che conservo gelosamente,
in quanto autografata da Morricone stesso e dagli esecutori dei quali
il maestro ha ricordato la bravura e la carriera percorsa. Mi sia
consentito un cenno particolare per la pianista Gilda Buttà,
la meravigliosa interprete al pianoforte della colonna sonora del
film “La leggenda del pianista sull’oceano” e per
la quale il maestro anche in questa occasione ha avuto parole di sentito
elogio.
Il richiamo fatto a Goffredo
Petrassi, di cui era stato allievo al Conservatorio di Santa Cecilia,
anche oggi ha consentito a Morricone di sottolineare ancora una volta
la sua predilezione per la musica cameristica e sinfonica di cui è
stato compositore ed esecutore e nella quale non ha cessato di cimentarsi,
non rinnegando comunque tutta quella produzione musicale che lo ha
reso come il compositore italiano vivente più noto al mondo,
partendo dalla sua attività di arrangiatore iniziata nel 1960
per la RCA italiana e continuata fino ai nostri giorni con le famose
e ineguagliabili colonne sonore per la produzione cinematografica.
E credo di aver avvertito nell’amico Ennio una punta di orgoglio
quando, avendogli fatto notare - forse con scarsa eleganza - che nel
passato immortali compositori come Bach, Haydn, Handel, Mozart si
impegnavano a comporre musica per poter poi beneficiare di concreti
riconoscimenti da parte del magnanimo nobile che li aveva accolti
alla sua corte, ha voluto ricordare, aggiungendo all’elenco
anche Wagner, i tempi in cui, prima durante l’occupazione di
Roma da parte dei tedeschi e poi con l’arrivo degli alleati
e ancor prima di diplomarsi, suonava la tromba nelle orchestrine romane
per poter sbarcare il lunario, in attesa di ricevere proposte di composizione
per la radio, per la tv, per case discografiche, per arrivare infine
alle colonne sonore per film. Quasi a sottolineare, con quanto appena
ricordato, il suo appassionato giovanile precoce impegno nel campo
della musica
Comunque, come prima affermato,
Morricone ha sempre continuato a comporre quella musica che sicuramente
meglio lo pone in armonia con il grande Petrassi. Lo spunto per ricordarlo
gli è stato da me offerto quando ho citato un incontro di circostanza
svoltosi anni addietro, se non ricordo male, a Palazzo Colonna in
Piazza Santi Apostoli, nel corso del quale venne eseguita anche una
sua rilettura dell’Inno di Mameli, composta proprio in sintonia
con la musica da lui preferita. Nel florilegio delle esecuzioni del
nostro inno nazionale possiamo annoverare molte versioni offerte da
direttori di fama mondiale: quella propostaci dal nostro maestro si
distacca per un minor aspetto marziale e per una maggiore vis creativa,
che ben interpreta una predilezione per la musica cameristica e sinfonica.
Però le considerazioni sulla musica si sono fatte più
profonde quando si è passati a riflettere sulla sua composizione
e le tendenze che la connotano. Afferma Morricone, dopo aver premesso
che questa espressione artistica risente degli atteggiamenti che la
società in quel momento assume: “ Essa progredisce di
secolo in secolo e il compositore se ne appropria, la fa sua e la
offre agli altri.” E’ questo il grande dono del quale
godono i grandi, siano essi scrittori, filosofi, pittori, musicisti:
vedere e scoprire una realtà che c’era da sempre e che
fa scrivere a Vito Mancuso nel suo libro “L’anima e il
suo destino”, “Quando Rembrandt dipingeva, non inventava
nulla, vedeva; quando Mozart componeva, non inventava nulla, sentiva”.
Ed è lo stesso Mozart ad affermare: “Tutto è già
stato composto, ma non ancora trascritto.”
Alla domanda se ricorda
sempre tutto quello che ha scritto, il maestro risponde che non può
non ricordare le sue creature; ma poi, candidamente e con umana naturalezza
continua: “ Però certe volte qualcosa dimentico!”
Meno male! Ma queste brevi cadute di memoria Morricone le attribuisce
alla circostanza che la musica è la meno concreta delle arti,
perché “…non esiste la composizione musicale in
sé e per sé, alla stessa stregua di un dipinto, di una
statua, di un edificio che l’artista realizza e offre alla società
senza alcun altro intervento proprio o di altri”: così
come appare nella sua raffigurazione, la musica assomiglia ad un muto
e statico esercito di formichine fissato su di un pentagramma in maniera
più o meno ordinata. E così rischia di restare “…
perché essa esiste nella mente del compositore e lì
rimane se alla sua concreta e godibile fruizione non intervengono
persone, voci, strumenti e ascoltatori.” E sarebbe un danno
incalcolabile per l’intera umanità. Afferma Friedrich
Nietzsche: “Senza musica la vita sarebbe un errore.”
Volgendo al termine l’incontro,
l’amico Ennio ha voluto mostrarci quella parte più intima
e riservata della sua abitazione: lo studio nel quale si rifugia per
lavorare. Siamo entrati in una stanza spaziosa e luminosa, arredata
con l’ennesimo salotto ricoperto di libri, riviste, carta pentagrammata
intonsa e scritta, con le pareti occupate da scaffalature ricolme
di pubblicazioni e di targhe e statuette a testimonianza di riconoscimenti
nazionali e internazionali: gli innumerevoli Nastri d’argento
e David di Donatello, il Polar svedese del 2010, i tre Golden Globe,
gli Oscar del 2007 e quello recente del 2016. E una serie infinita
di targhe di tutte le dimensioni. Uno spazioso tavolo da lavoro il
cui piano, similmente alle sedute dei divani, era nascosto da carte
e libri e offriva, con il suo geniale disordine, dimostrazione di
una quotidiana attività operativa. In questo scenario di una
confusione che tale non era, Morricone dava ancora una volta dimostrazione
del suo perfezionismo e del suo spirito di osservazione: riferendosi
alla foto che occupa tutta la copertina del numero di marzo della
nostra rivista nazionale LION, nella quale lo si ritrai mentre stringe
tra le mani la statuetta dell’Oscar appena ritirato, dice: “Questa
camicia che ho sotto lo smoking mi sta male: non mi piace la piega
nell’abbottonatura!” Sono stato colto da una vertigine
al pensiero che tutto quello che si offriva al mio sguardo e al mio
ascolto aveva come protagonista e creatore quel signore minuto, gentile,
affabile e disponibile che in questo momento quasi timidamente si
concedeva a soddisfare la nostra sete di curiosità e che con
estrema naturalezza ci faceva dimenticare la sua statura artistica
mondiale.
E la confusione che in
me regnava potrebbe avermi giocato un brutto scherzo di osservazione
o di memoria: nella stanza di lavoro di Morricone non ho visto nessun
pianoforte! Ma allora Mozart aveva ragione? (Enzo Maggi)