IN RICORDO DI ALBERTINA

A Piero che le domandava perché, quando la sera si coricavano e prima di prendere sonno, baciasse tutte le immagini dei cari che erano scomparsi e che occupavano molto spazio del piano del comodino che aveva accanto e invece a lui riservava un semplice “buonanotte”, Albertina rispondeva con estremo candore: “Non ti preoccupare, verrà anche il tuo turno.” E se Piero, davanti ad una foto di molti anni addietro che li ritraeva insieme, si lasciava andare ad un complimento e le diceva: “Quanto eri bella, Albertina”, lei rispondeva con tono sostenuto: “Almeno io qualche tempo fa’ ero bella; tu invece non lo sei stato mai”.
Questa era Albertina: una donna squisita, intelligente, attenta al mondo che aveva intorno, disponibile con tutti, pronta all’amicizia e alla collaborazione, acuta osservatrice e nel giudizio nei confronti di persone e circostanze, simpatica di natura e capace di far sorridere tutti con le sue battute improvvise, argute e inaspettate che sapeva pronunciare con grande serietà come la cosa più naturale di questo mondo. Le sue amiche conoscevano bene la sua vena ironica e non mancavano di provocarla, proprio per il piacere di ascoltare i suoi divertenti pareri su uomini e cose, pronunciati con la dolce cadenza che tradiva la sua origine umbra. E Piero stava ad ascoltarla con una espressione che oscillava tra il divertito e l’amore, direi quasi compiaciuto, come in attesa di altre uscite salaci e ancora più benevolmente dissacranti.
Per ben tre volte ho avuto il dono di lavorare nel club con Piero fianco a fianco, come presidente o cerimoniere e per sempre porterò con me il ricordo delle serate che precedevano le conviviali, quando a casa sua o mia, con Albertina e Cira ne preparavamo con cura la scaletta, perché nulla fosse lasciato al caso: serate serene, stracolme di amicizia e indimenticabili, animate dall’arguzia di Albertina e dalla meticolosità di Piero, persone generose in tutto e per tutti.
La foto che ho ripescato nel mio archivio e che ritrae i due straordinari amici in un atteggiamento di grande serenità, in piedi in un verdeggiante piccolo colle punteggiato di gialle primule, è stata scattata nel lontano 1986, in occasione del Congresso distrettuale di Alghero, che vide l’elezione del nostro Umberto a Governatore: sono trascorsi ben ventotto anni, il tempo può aver imperversato sui nostri corpi, fino al punto di farli scomparire, ma non potrà mai cancellare ciò che vi è di più immateriale, il ricordo delle persone care. E mi sia concesso di ripetere quanto scrissi in occasione della scomparsa dell’amico Piero, appena tre anni addietro, e che venne pubblicato sul secondo numero dell’annata 2011-2012 di “Lionismo”, rifacendomi alle Confessioni di S.Agostino: “Ma il settimo giorno non conosce sera e non conosce tramonto. L’hai santificato per una durata eterna. Anche allora sarai tu a riposare… Ma tu, Signore, operi sempre e sempre riposi, e non vedi nel tempo, né ti muovi nel tempo, e tuttavia compi le nostre visioni temporali, crei lo stesso tempo e riposi alla fine del tempo.” E Piero e Albertina sono nel settimo giorno, che non conosce sera, che non conosce tramonti. (Enzo Maggi)

 

 

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