VISITA ALLA CASERMA DEI CORAZZIERI
14 gennaio 2017

E’ da poco passato mezzogiorno del 30 aprile 1848. Alcune colonne dell’esercito piemontese salgono verso Pastrengo, importante posizione sulla strada di Verona, dove sono attestati gli austriaci. Dalle linee austriache inizia un fuoco di fucileria. Il re Carlo Alberto è avanti con le sue truppe ed è sotto tiro. Il comandante dello squadrone di carabinieri a cavallo, guardie del Re, si accorge del pericolo. E’ un attimo. Sguaina la spada, urla “carica” e duecento cavalieri partono al galoppo, “Savoia”, e caricano gli austriaci, colti di sorpresa. Il fronte è rotto, la fanteria piemontese può avanzare, il Re è salvo “viva il Re”. Il comandante può rinfoderare la spada. E’ il maggiore Alessandro Negri di Sanfront, (la “Carica di Pastrengo” è rinnovata annualmente nel Carosello dei Carabinieri), ed al suo nome è intitolata l’attuale caserma dei Corazzieri, in via XX settembre a Roma, in locali ristrutturati del vecchio convento dell’attigua Chiesa di Santa Susanna, che, un numeroso gruppo di soci del Roma Aurelium, con le loro consorti, guidati dal Presidente Natale, hanno visitato sabato 14 gennaio.

La visita è stata lunga e completa ed ha riguardato sia le attuali strutture e funzioni di questo corpo scelto, appartenente all’Arma dei Carabinieri, sia le sue origini, che risalgono addirittura alle Guardie del duca Emanuele Filiberto, il vincitore di San Quintino, (vedi una lapide nell’ingresso), e le attrezzature specifiche della loro divisa, dalla corazza, agli stivaloni, all’elmo, e le loro modifiche ed evoluzioni, cominciando dall’epoca di Vittorio Emanuele II, in quanto il loro primo incarico fu quello di scortare il Principe Umberto e Margherita, in occasione del loro matrimonio del 1868, per poi proseguire per oltre un secolo, fino ai nostri giorni, costituendo ancora oggi le guardie del Capo dello Stato, presenti in tutte le circostanze e cerimonie, sia a cavallo, come nel passato, sia sulle potenti “Moto Guzzi”, di cui vi è una interessantissima raccolta storica. E poi tutte le selle, le gualdrappe, per cui necessita presenza di addetti alla manutenzione delle stesse, così pure le corazze e gli elmi, per cui vi è pure un laboratorio apposito, dove ci siamo recati a visionare la tecnica per le dorature ed argentature di questi fondamentali elementi della divisa.

Quanto poi ai cavalli, tutti splendidi esemplari di origine irlandese, alti al garrese almeno 170 centimetri, indispensabili oggi come ieri, per gli stessi sono previste scuderie, una delle quali intitolata al mitico “Nearco”, con ben 50 postazioni, la mascalcia ed un maneggio interno, in modo che l’addestramento sia costante, oltre al controllo veterinario, per la salute degli stessi, il tutto situato al piano terreno, mentre al piano interrato vi sono resti archeologici dell’epoca romana, di grande interesse, in quanto vi è un tratto delle mura “serviane”, le prime di Roma, ed un bellissimo mosaico di epoca imperiale.

Infine, al primo piano, una galleria storica, con motivazioni delle medaglie al valore, drappelle delle trombe, bandiere storiche attestanti il passaggio dal Regno di Sardegna al Regno d’Italia, gli elenchi dei comandanti del Corpo, vetrine con le corazze e gli elmi risalenti ai vari Sovrani e numerosi quadri, bronzi e statue anche di un buon livello artistico, il tutto illustratoci con competenza e cortesia dall’attuale vice comandante del Corpo, che ha saputo suscitare e mantenere vivo l’interesse dei partecipanti per tutta la durata della visita, di oltre due ore. (Domenico Giglio).


 

 

 

 

 

 

 

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