FESTA DEGLI AUGURI
20 dicembre 2013

Caro Dino, riprendo la mia abitudine di indirizzare a te un mio scritto sotto forma di lettera. Si tratta del resoconto della serata del nostro club dedicata alla tradizionale Festa degli Auguri ma che, per le argomentazioni svolte e le riflessioni contenute, ritengo che mal si concili con un articolo inteso in senso stretto, sembrandomi invece più una esternazione da confidare ad un amico, paziente e disponibile come te.
Dunque: la mattina successiva alla Festa degli Auguri, conclusasi la sera precedente in sana e cordiale allegria, mi accingevo a raccontarne lo svolgimento; ma la mia attenzione venne però catturata da un libro di cui un cugino acquisito aveva voluto farmi dono natalizio, dal titolo intrigante e che prometteva interessanti notizie storiche, e non solo: “Paolo - L’ebreo che fondò il Cristianesimo”, edito nel 1999. Nella quarta di copertina potei leggere che l’autore, Riccardo Calimani, dal 2013m, Presidente della Comunità ebraica di Venezia, avrebbe preso “in esame la figura di Paolo di Tarso, fariseo per nascita e apostolo di Cristo per vocazione”, “Feroce persecutore dei primi Cristiani”, trasformatosi poi “in uno dei più accesi testimoni della parola di Gesù”, dopo la sua conversione sulla strada di Damasco, così plasticamente rappresentata dal Caravaggio per ben due volte. Mentre nelle prime pagine del libro guardavo con stupore le cartine che rappresentavano i quattro viaggi che Paolo, partendo il primo da Antiochia e i successivi da Gerusalemme, aveva compiuto dal 45 al 61 d.C., visitando e sostando in molti paesi ad est della Grecia e nella Grecia stessa, per arrivare infine a Roma, dove avrebbe trovato la morte, mi chiedevo se le enormi distanze ricoperte e i lunghi soggiorni presso molte comunità in appena sedici anni, in un’epoca in cui i mezzi di trasporto erano o le proprie gambe o quelle di qualche cavallo o mulo, non avessero del prodigioso. La curiosità che mi spingeva a sfogliare il volume mi fece arrivare alla pagina nella quale l’autore prendeva congedo dal lettore, “Senza particolare tenerezza” nei confronti delle idee di Shaul Paolo, affermando che “Gesù è stato un buon ebreo osservante, Shaul Paolo un ebreo trasgressore.”
Lo sconcerto provocato da queste affermazioni mi stavano spingendo a dedicarmi ad una lettura completa e assai attenta del libro che avevo tra le mani, trascurando i miei doveri di cronista della vita del club Aurelium; vennero in mio aiuto, per richiamarmi all’ordine, le notizie che un televisore, piazzato accanto alla mia cameretta, diffondeva mo’ di contrappunto del mio riflettere e che parlavano di grande luce e di pastori: era il resoconto giornalistico della prima Messa di Natale celebrata da Papa Francesco e della sua omelia. Con molta facilità riuscii a recuperarne il testo e leggerne il passo che, ascoltato per caso, mi aveva distolto dal proposito di dedicarmi alla lettura del libro di Calimani: “Chi odia suo fratello - scrive l’apostolo Giovanni - è nelle tenebre.”…”E in questa notte…si rinnova l’avvenimento che sempre ci stupisce…il popolo in cammino vede una grande luce. Una luce che ci fa riflettere su questo mistero: mistero del camminare e del vedere. I pastori sono stati i primi a vedere Gesù perché erano tra gli ultimi, gli emarginati. E sono stati i primi perché vegliavano nella notte, facendo la guardia al loro gregge.”
Un irrispettoso, molto irrispettoso accostamento mi fece tornare alla mente quanto era accaduto poche ore prima nell’elegante sala del Grand Hotel Parco dei Principi: anch’io avevo parlato di pastori che erano stati testimoni della nascita di Gesù, annunciata da una grande luce, e Lo avevano potuto vedere e baciare nella grotta che Lo ospitava assieme alla Madre. Ne avevo parlato leggendo alcuni versi da “Er Vangelo seconno noantri” di Bartolomeo Rossetti, versi che raccontavano lo stupore, la generosità e l’amore di queste umili persone, “La barba lunga e la camicia rotta… portanno ‘na frocella de ricotta”, le uniche ad essere sveglie perché facevano la guardia al loro gregge, così come affermato da Papa Francesco. Ed erano stati i primi perché erano tra gli ultimi, gli emarginati, anticipando nella realtà quanto in seguito il Cristo avrebbe proclamato nel suo “Discorso della montagna”, riportato da Matteo nel suo Vangelo.
Questo ricordo, pur nell’audacia della sua combinazione, mi è tuttavia servito a farmi recuperare il motivo per il quale mi ero seduto davanti al mio pc, riportandomi ad una situazione meno speculativa ma pur sempre degna di essere rammentata, per l’impegno profuso da chi ne era stato l’organizzatore e cioè il Presidente Chiricotto, affiancato dalla sua meravigliosa consorte Luisa e dal suo staff, per la larga partecipazione di soci e amici, non soltanto come presenza, ma anche per il contributo offerto al livello culturale che l’aveva contraddistinta, così come voluto dal Presidente: una serata dedicata alla poesia. Infatti tutti, soci e non, parenti e amici, erano stati invitati ad inviare ad un apposito comitato le loro composizioni poetiche, che sarebbero state lette e valutate per individuarne le tre migliori, da premiare e da abbinare alla tradizionale lotteria di fine anno. Al concorso hanno partecipato sette autori con oltre venti poesie e ha visto vincitore Gianfranco Carpi, poeta di lungo corso, seguito da Daniela Chiricotto e da Teresa Manzaro. Tutte le composizioni sono state raccolte in una elegante brochure, offerta in omaggio a tutti i presenti. La stessa sera, rientrato a casa, le ho lette tutte e le ho trovate tutte gradevoli. Nei versi di alcune di esse ho visto rispecchiarsi atteggiamenti ed espressioni proprie di persone che conosco e frequento da anni, in altre ho tentato di figurarmele. Ma per tutte ritengo che possa valere l’affermazione di Charles Bukowski, riportata in quarta di copertina della brochure e in chiusura di tutti i messaggi inviati ai soci dell’Aurelium da Monica Maggi (mi si perdoni questa debolezza paterna!): “La poesia qualcosa vale, credetemi. Impedisce di impazzire del tutto.”
In chiusura di questo scritto, ritengo che non si debba dimenticare la generosità del Presidente Chiricotto e della dolce Luisa per i graditissimi doni che hanno voluto offrire a tutti gli intervenuti alla serata, in particolare alle signore con un bellissimo diffusore ambientale di profumo e ai signori con due bottiglie di pregiato vino. Le veloci e delicate mani di Maria Paola Manucci hanno accarezzato con dolcezza le sette ottave di un pianoforte, creando una atmosfera parigina e di altri luoghi colmi di ricordi nostalgici che ha accompagnato tutta la cena. Dopo il tocco della Campana che ha decretato ufficialmente la chiusura della serata, Maria Paola ha dovuto, con ammirevole sprezzo del pericolo, assecondare le perigliose inimitabili esibizioni canore di alcuni soci, che hanno voluto avventurarsi nel terreno riservato alla dea Calliope. Questa volta si potrebbe dire che gli assenti non sempre hanno torto!

Ti saluto con affetto. Enzo

 

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