VISITA DEL GOVERNATORE
CELEBRAZIONE 49° ANNIVERSARIO DELLA CHARTER

21 novembre 2014

 

Il 21 novembre presso il Grand Hotel Parco dei Principi il dott. ing. Giovanni Paolo Coppola, Governatore del Distretto 108L, ha fatto visita al nostro club. Durante la riunione del Consiglio direttivo il nostro Presidente dott. Francesco Lomonaco ha consegnato al Governatore il programma che intende svolgere nel corso della sua annata ed ha presentato, tra i convenuti, i componenti del Consiglio. Il Governatore si è intrattenuto con loro rispondendo ai quesiti posti ed esponendo le linee guida, nonché le azioni che ha intenzione di porre in atto durante il periodo che lo vede ricoprire la massima carica del Distretto.

Durante la conviviale, che ha fatto seguito, è stato celebrato il 49° anniversario della fondazione del nostro Club, con la attribuzione, nell’anno 1965, della Charter da parte della sede centrale americana della Associazione internazionale. Il nostro socio dott. Enzo Maggi, in una sua applauditissima relazione, ha ricordato i principi di solidarietà e di amicizia a cui si è sempre ispirato il nostro club nel perseguire la missione di servizio verso i bisognosi e i sofferenti.

Il nostro Presidente, aprendo la serata, ha ringraziato il Governatore per aver accolto il suo invito e ha ricordato alcune fra le tante attività meritorie svolte dal club. Il Governatore, presentato dal cav. Alberto Vinci, Presidente di Circoscrizione, in un suo apprezzato intervento ha salutato i convenuti, descritto il suo guidoncino e offerto un riconoscimento personale alle Sig.re Maria Clara Paolini, moglie del Past Governatore, Luisa Chiricotto, moglie del Presidente di Zona, ed Elvira Lomonaco, moglie del Presidente del club.

Sono state consegnate, infine, le Chevron (riconoscimenti per l’anzianità di iscrizione all’Associazione) ai soci: Biancardi Antonio (35 anni); Durantini Antonio Mauro, Ricci Renzo, Saccone Gennaro (30 anni); Bassetti Antonio, Focosi Francesco (25 anni). (D. Manzaro).

CELEBRAZIONE 49° ANNIVERSARIO DELLA CHARTER (Enzo Maggi)

Governatore, amici tutti, prima di iniziare il rituale intervento che trova posto nella scaletta della serata, vi chiedo di perdonarmi se vi confido il mio sgomento e la mia commozione: per la prima volta in trentotto anni di anniversari della Charter night ai quali ho partecipato non vedo la presenza di Umberto. Ci ha lasciato da quasi quattro mesi; anche se rischio di apparire patetico, vi giuro che non tutte le lacrime si sono asciugate. E sono sicuro di non essere il solo. Grazie.

Ringrazio il Past Presidente Chiricotto per il suo slancio di generosità che lo ha portato a non seguire per quest’anno la tradizione che lo avrebbe visto questa sera qui al mio posto; e ringrazio il Consiglio direttivo per aver accettato la sua proposta di affidare a me il compito di celebrare l’anniversario della Charter night del nostro club, per la precisione il quarantanovesimo. E questo è accaduto pur sapendo, considerati i precedenti, che avrebbero corso il rischio di non ascoltare un intervento infarcito di ricordi vicini e lontani, tutti dedicati ad una autocelebrazione dell’Aurelium, come se fosse rivolto ad un uditorio di persone ignare che per la prima volta ci onorano della loro presenza, oppure in passato colpevolmente distratte. Agli uni e agli altri affido la conoscenza della vita e dell’attività del nostro club alla pubblicazione edita nel 2005 in occasione dei quarantennale e fisso con loro appuntamento tra un anno esatto, quando verrà raggiunto il traguardo dei cinquant’anni e molti altri avvenimenti verranno ricordati convenientemente.

E allora mi è sembrato opportuno questa sera invitare i miei pazienti amici che mi stanno ascoltando, e per primo l’amico Governatore Coppola, a riflettere con me su alcuni temi di più ampio respiro, che peraltro in qualche modo interferiscono, e non poco, con le finalità della nostra associazione e che hanno come comune denominatore la solidarietà, tesa fino alla sua sublimazione: l’amicizia, della quale parleremo in un’altra occasione.

Leggiamo insieme la settima proposizione dell’Etica del Lionismo: ”Essere solidali con il prossimo mediante l’aiuto ai deboli, i soccorsi ai bisognosi, la solidarietà ai sofferenti.” Alcuni anni orsono un Past Governatore scriveva che i sogni di rivalsa delle popolazioni, da sempre escluse dalla cultura e dal potere, avrebbero potuto trovare giustificazione e spazio dal resto del mondo ricorrendo al concetto di solidarietà, un concetto che trae origine dalla constatazione che l’universo mondo è di tutti e che tutti i suoi abitanti debbono trovarvi terreno fecondo di vita. E ribadiva che questa solidarietà, questo essere fratello degli altri è il valore fondamentale della nostra etica. E’ una regola aurea che, tradotta laicamente nell’alterità, ti invita, anche senza la visione religiosa di un premio futuro, a vedere nell’altro noi stessi e quindi al massimo rispetto e solidarietà, nella convinzione che tutti gli esseri umani vengono al mondo dotati degli stessi diritti e con pari dignità. Mi rendo conto che si tratta di una regola aurea difficile da praticare, specialmente se lo si voglia in senso universale. Eppure sarebbe meraviglioso poter constatare che il valore della solidarietà, insieme all’amicizia, alla comprensione, al rispetto di tutto ciò che è altro, abbiano occupato il posto delle crollate conflittuali ideologie.

Purtroppo dobbiamo fare i conti con l’indifferenza che regna sovrana, segnatamente tra i potenti, che impedisce di prendere atto dei cambiamenti della società e delle sue esigenze vitali, così come accadeva a Zeno Cosini, il protagonista del libro di Italo Svevo “La coscienza di Zeno”, il quale nella sua indifferenza si sorprendeva a pensare: “Ogni mattina, quando mi destavo, il mondo appariva più grigio ed io non me ne accorgevo perché tutto restava intonato.” Aggiungo io: per questo motivo, quando la mattina ci radiamo la barba, non scoppiamo in lacrime davanti alla nostra immagine riflessa nello specchio! E questo disinteresse può addirittura suggerire ad una mente illuminata, quale è Umberto Galimberti, la conclusione, ovviamente da lui stesso non condivisa, che “…l’estrema povertà è la fuoriuscita dalla condizione umana e insieme la sua riapparizione come un incidente della storia.” Una simile conclusione fa rabbrividire: vorrebbe significare che si tratta di qualcosa di imprevedibile e ineluttabile, al quale è vano tentare di porre rimedio e accettarlo così com’è? Salvo poi dimenticare che chi lo deve accettare sono altri!

Cosa possiamo fare noi lions? Certamente non porre rimedio a tali problematiche di portata universale; ma sicuramente possiamo agire all’interno della società che ci circonda, manifestando sia con idee propositive che con atti concreti la nostra solidarietà. Non dobbiamo dimenticare che la solidarietà è l’elemento dinamico della nostra associazione, il quale ne giustifica e ne accredita l’esistenza. Gli altri elementi che sono presenti, quali la cultura, il rango sociale, la propensione al servizio, la vicendevole simpatia, da soli o anche accomunati, non potrebbero trovare esplicazione verso l’esterno, il service, se manca l’impulso catalizzatore della solidarietà che ci spinge verso l’esterno, verso l’altro. Contrariamente si rischia l’autoreferenzialità, l’egocentrismo, l’autoelogio fine a se stesso: in ultima analisi un atteggiamento apatico e narcisistico che, a lungo andare, genera noia ed insoddisfazione che sfociano inevitabilmente nella insofferenza nei confronti del sodalizio che a suo tempo ci ha accolti. Mi rendo conto che l’impegno assunto all’atto del nostro ingresso nel mondo dei lions, se concretamente onorato, può non essere facilmente fattibile; allora, sia pure estremizzando, mi sia consentito ricorrere al dubbio che Hermann Hesse introduce nella mente di Narciso: “ Forse era più difficile, più doloroso ma più nobile camminare per i boschi, (…) soffrire il sole e la pioggia, la fame e la miseria”, come accaduto a Boccadoro, anziché, come ha fatto lui, condurre una vita (…) pensando che l’uomo è stato creato per studiare Aristotele e Tommaso d’Aquino. Non a caso lo scrittore tedesco chiama Narciso uno dei suoi personaggi.

Proprio la bellezza del mitologico personaggio mi offre lo spunto per affrontare il secondo degli argomenti in cui si articola il mio intervento: la donna. E mi avvarrò in parte di quanto da me appena scritto a commento dell’opuscolo redatto dalle amiche Teresa Manzaro e Cristina Colletti a conclusione dell’incarico ricevuto dal Presidente Chiricotto nel corso della sua annata sul tema del confronto tra i generi maschile e femminile. Il commento non è stato ancora pubblicato e, pertanto, costituisce una anticipazione che volentieri offro al cortese e paziente uditorio. Sono convinto che l’argomento non può non definirsi attuale e di grande respiro; e poi non posso dimenticare che interessa da vicino anche il nostro club.

A qualcuno questa brusca virata del mio intervento potrà apparire come un artificio retorico: niente di più sbagliato. La solidarietà ha motivo di manifestarsi soltanto se non viene posta in discussione la pari dignità; altrimenti dobbiamo parlare di elemosina. E nell’immaginario dialogo tra Isabella e Daniela, condotto con estrema signorilità e molto tatto, non compaiono né slogan femministi né rivendicazioni ultimative, perché viene dato per scontato che il periodo delle grandi lotte per vedere riconosciuta la pari dignità fra i due generi, con i successi e le sconfitte che lo hanno caratterizzato, fa parte del passato e non può essere più oggetto di discussione. Pertanto sono rimasto letteralmente sbalordito nel leggere la manchette a fondo pagina del numero di settembre di LION dove viene scritto che un autorevole lion, nel motivare la sua posizione negativa sull’ingresso delle donne come socie, chiamava in causa esponenti del calibro di Sant’ Agostino, San Tommaso d’Aquino, Tertulliano, San Geronimo. E completava la lista dei testimoni a favore addirittura con un certo Bernardo da Como, grande inquisitore del cinquecento, il quale affermava di non riconoscere alle donne un’anima. Guarda caso: ci mancava proprio costui! E non mancava neppure San Paolo, nel cui pensiero, negativo, sulla donna mi ero imbattuto tempo addietro, leggendo il libro di Riccardo Calemani “Paolo: l’Ebreo che fondò il Cristianesimo”, laddove si commentava la prima lettera ai Corinzi.

Tutto esatto. E quante scelleratezze furono fatte nei secoli passati nel nome di questa affermazione! Però, anche se ancora in altre religioni si debbono registrare episodi di integralismo di incredibile crudeltà, per ciò che attiene alla Chiesa cattolica si deve prendere atto con soddisfazione che tutte le convinzioni espresse nei secoli passati da padri e dottori della Chiesa stanno man mano crollando sotto l’energica spinta degli ultimi pontefici, ad iniziare da Giovanni XIII, il quale volle che ai lavori del Concilio Vaticano II del 1962 vi fosse una vasta partecipazione femminile. Oggi il documento più importante ed esplicito lo si deve a Giovanni Paolo II con l’enciclica “Mulieris dignitatem” del 1988, dove possiamo leggere che “…un’analisi antropologica alla luce della Rivelazione (…ha ricavato) fondamentali quali la pari dignità dell’uomo e della donna creati a immagine di Dio. A questo punto, caro autorevole lion, possiamo ancora porre in dubbio la pari dignità tra i due generi? E poi specialmente tra noi lion? Forse altri sono gli argomenti e sarei curioso di conoscerli.

Caro Governatore, amici miei carissimi, mi sto accorgendo che la vostra pazienza comincia a vacillare; quindi mi avvio velocemente alla conclusione. Nel 2017 potremo ricordare il primo centenario della nascita della nostra associazione. Se può interessare, nel 2017 cade il quinto centenario della nascita della Riforma, quando un frate agostiniano di nome Martin Lutero affisse sulle porte della chiesa di Wittenberg le sue “95 tesi”. Cambiò una religione, cambiò il mondo intero. Non dobbiamo, noi lion, avere la presunzione di cambiare il mondo; però non possiamo fare a meno di riconoscere che nel 1917 un seme è stato gettato, un seme importante e illuminato, dal quale speriamo che nascano frutti sempre migliori, grazie all’impegno di milioni persone. Ma una cosa mi auguro di tutto cuore: ispirato da una forte intuizione e racchiuso in un momento magico, si faccia tutto il possibile perché abbia un destino contrario di quello al quale andò incontro il ritratto di Dorian Gray: rimanga sempre inalterato nella sua bellezza, ignorando le cadute e le avversità nelle quali potrebbero incorrere i suoi umani interpreti.

Da ultimo, mi sia permesso di congratularmi con te, caro Governatore, per il motto che hai scelto per la tua annata: credo di aver ben tradotto in volgare il tuo invito a “dispiegare le ali” per volare alto. Tenteremo di raccogliere l’esortazione, anche se qualcuno soffrirà di vertigini. Se ho sbagliato, perdonami: conosci benissimo il mio atavico litigio e l’incomprensione, che nascono nel lontano 1950, con la lingua di Shakespeare della quale ricordo soltanto due versi del poeta americano Henry Longfellow: “Those evening bells, those evening bells”. Ovviamente le campane sono quelle che suonano per chiamare alla preghiera vespertina; non quella che ha davanti a sé il Presidente Lomonaco, della quale tutti non vedono l’ora di udirne il suono.

Vi ringrazio per la vostra benevola attenzione.

 


Il Consiglio Direttivo

 


Il Consiglio Direttivo

 


L'anniversario della Charter

 


Il Presidente apre la serata

 


Il Saluto del Governatore

 


Il Governatore presenta il suo guidoncino

 


Il Governatore premia le Sig.re Elvira e Luisa

 

Chiudi