CHIESA DI S. LORENZO IN GERANO
Restauro dell’Altare Maggiore
30 giugno 2012


Don Giovanni Censi, parroco della comunità ecclesiale di Gerano, ha voluto gentilmente farmi omaggio di una sua pubblicazione dal titolo “Le chiese di Gerano”, una delle sue numerose opere attraverso le quali, con accurate e documentate ricerche, è riuscito ad illustrare la storia locale con tutta la passione che sentiva di dovere nei confronti del luogo che lo ha visto nascere. A me piace ricordare in particolar modo quella edita nel 1979, dedicata al 250° Anniversario dell’Infiorata della Madonna del Cuore, la più antica Infiorata d’Italia, sia perché in minima parte partecipai alla ricerca della documentazione storica, sia perché qualche anno dopo, e precisamente nel 1987, nel corso della mia Presidenza dell’Aurelium, il quadro dipinto dal Sebastiano Conca nel 1729 con l’immagine della Madonna del Cuore, in onore della quale viene allestita l’Infiorata, venne restaurato dal Club Aurelium.
In quell’occasione fu oggetto di restauro, sempre grazie all’intervento dell’Aurelium, anche il quadro della Madonna del Rosario, dipinto nel 1675 e attribuito a Luca Giordano e conservato nella stessa chiesa di S.Maria Assunta.
La lettura del volume donatomi ha costituito per me fonte di grande interesse per le notizie ivi raccolte e che hanno di molto ampliato il bagaglio di conoscenze storiche e di costume che avevo di un luogo da me frequentato da oltre ottanta anni. Ma la sua lettura ha altresì contribuito a farmi rivivere fatti e ricordare persone che nei lontani anni ’40 mi hanno accompagnato nella vita quotidiana e che si sono ripresentati con nostalgia, dolore, affetto e anche con un po’ di rossore. Ma di tutto ciò parleremo dopo. Però fin da adesso chiedo scusa al Presidente Testi (ormai Past, ma sempre Presidente) e ai miei sempre più scarsi lettori se questo resoconto, da un certo punto in poi, tenderà ad apparire più che una cronaca un “ritorno al passato”, denso di personaggi e di episodi di quel tempo. Potrebbe rappresentare il mio “canto del cigno”, al termine di un lungo periodo impegnato a raccontare del nostro Aurelium.
Della chiesa parrocchiale di S.Lorenzo Martire, del cui arredo fa parte l’altare oggetto del service dell’Aurelium, vi è traccia documentale nel primo decennio del dodicesimo secolo; ma non è escluso che l’edificio, diverso da quello attuale, esistesse già un secolo prima, eretto sul cimitero geranese e quindi esterno al centro abitato, come voluto per legge a Roma e altrove. E come luogo cimiteriale rimase anche dopo i lavori di ampliamento della chiesa, conclusisi dopo undici anni nel 1797. La funzione cimiteriale ebbe termine nel settembre del 1806, quando vennero estese anche in Italia le direttive napoleoniche adottate con l’editto di Saint-Cloud del giugno 1804, che imponevano le sepolture fuori delle mura cittadine.
Dell’editto napoleonico e di quant’altro altro ancora connesso tutti noi abbiamo ricordo, essendoci imbattuti, a suo tempo, nella lunga e difficile composizione poetica del Foscolo, pervicacemente voluta mandata a memoria dal nostro professore d’italiano!
Ma dell’altare che ci interessa abbiamo notizie certe leggendo il verbale di consegna della chiesa dall’economo don Giuseppe Dari e don Antonio Zaccaria, redatto in data 24 febbraio 1907: vi è citato l’altare maggiore, realizzato in muratura e stucco tra il 1794 e il 1797, e il sovrastante dipinto del martirio di San Lorenzo. Trattasi, quindi, di un’opera con alle spalle oltre due secoli e che non era presente nell’originaria chiesa. Era, quindi, più che scontato che dovesse essere affidato alle cure di un restauratore perché intervenisse ad eliminare le inevitabili ingiurie del tempo. E anche questa volta il Lions Club Roma Aurelium, in omaggio ad uno dei dettatI degli Scopi del Lionismo, “Prendere attivo interesse al bene civico, culturale, sociale e morale della comunità”, si è fatto trovare presente e disponibile: grazie all’interessamento di don Giovanni Censi, l’altare è stato lasciato nelle esperte mani dello Studio Kòre di Teresa Ferrazzi da Castelmadama e nel giro di qualche settimana è stato restituito all’antico splendore. E così il Past Presidente Testi, accompagnato da alcuni Soci, ha potuto ammirarlo sabato 30 giugno, sontuosamente adagiato sotto l’abside della chiesa di S.Lorenzo.
E sulla chiesa di S.Lorenzo ancora una notizia: vi è conservata la statua di S.Rocco, un giovane francese venuto in pellegrinaggio a Roma verso il 1368 e morto di peste sulla via del ritorno. E’ accertato che la venerazione di questo santo da parte della popolazione di Gerano risale al 1581 e dobbiamo arrivare al 1745 per vederlo ufficialmente festeggiato e venerato come Comprotettore del paese, insieme alla Patrona S.Anatolia. La festività di S.Rocco cade il 16 agosto di ogni anno.
Leggendo la pubblicazione di Don Giovanni, scopro una notizia che mi permette, almeno come illusione, un sobbalzo di orgoglio come rivendicazione di notorietà antica: nella chiesa di S.Maria Assunta, in una delle cappelle laterali, fa bella mostra di sé una statua in cartapesta di S.Giuseppe, opera del 1900 di un tale Andrea Maggi, carabiniere a Gerano! E pensare che credevo, fino a pochi giorni orsono, di essere stato io, insieme a mio padre, il primo dei Maggi a respirare la salubre aria di Gerano nell’ormai lontano 1931! Vanto da una parte e delusione dall’altra: le due circostanze si fronteggiano e si elidono a vicenda e, quindi, tutto resta come prima.
Comunque, come accennato all’inizio di questo resoconto, l’iniziativa del Past Presidente Testi per l’incontro del 30 giugno e la lettura del libro di Don Giovanni hanno contribuito a far rivivere in me anni pieni di nostalgia, alcuni di questi legati strettamente all’altare maggiore di S.Lorenzo. Nei primi anni ’40, periodo in cui per ragioni di sicurezza la mia famiglia soggiornò a lungo a Gerano, l’altare fu testimone della mia presenza come chierichetto, fiero dei suoi due anni di latino che gli permettevano di guardare dall’alto in basso e con disprezzo Nicola il quale, nel rispondere all’invocazione del celebrante “Deus, tu conversus vivificabis nos”, rispondeva con un indecifrabile “Plezie binte”, che doveva stare per “Et plebs tua laetabitur in te”! Il presunto mio primato in “latinorum” e la mia origine cittadina mi avrebbero dovuto, a mio giudizio, consentire anche il dominio del campanello che, in alcuni momenti della Messa, veniva scosso non con discreta partecipazione, ma forsennatamente. Ma prima di questi attimi, l’arnese era oggetto di una lotta per il suo possesso tra lo stuolo di chierichetti, comandati da Geremia e che affollavano i gradini dell’altare e più di una volta il curato don Domenico Felici era costretto a scalciare all’indietro come un mulo verso la torma tumultuosa e litigiosa, chiedendo nel contempo scusa, almeno credo, a Nostro Signore del quale stava celebrando il Sacrificio. Ma ricordo anche con nostalgia quando nell’estate del 1944 mio fratello ed io ricevemmo da soli la Prima Comunione, inginocchiati sui gradini dell’altare maggiore, circondati dalla curiosità e dall’affetto di tanti coetanei, ai quali tutto questo appariva nuovo e non ripetibile, vestiti bene come fosse una loro festa oppure con indosso la divisa di chierichetto ben stirata.
E la nostalgia prende corpo anche quando ricordo le faticate a spingere il mantice dell’organo, suonato durante le messe solenni e che accompagnava quell’antipatico di Luigino Pisanelli, il quale cantava così bene l’Ave Maria di Schubert; Luigino che tornava simpatico quando, nella falegnameria di famiglia, realizzava al tornio magnifici picchi di legno con i quali trascorrevamo giornate intere. E ricordo anche il sudore che ci inondava nel tirare la fune della campana maggiore direttamente nella cella campanaria, che doveva suonare a stormo per tutta la durata della processione del Patrono per le vie di Gerano. E si faceva a gara a chi riusciva a far sbattere l’orlo della campana sull’arcata della cella campanaria, urti dei quali forse ancora oggi vi è traccia. E per me fu una vera scoperta sapere, e sperimentare, che la volta della navata aveva due soffitti, tra i quali si poteva camminare e calare le corde che tenevano sospesi grandi lampadari, che venivano fatti scendere per la loro manutenzione.
Ma non sono mancati momenti di grande dolore e paura. Dopo l’8 settembre del 1943 le campagne circostanti Gerano vedevano il via vai di soldati sbandati che cercavano in tutti i modi di tornare alle loro case, chiedendo vestiti borghesi, cibo e acqua, un asilo qualsiasi, pur di sfuggire alle pattuglie di soldati tedeschi che, oltre a dare loro la caccia e, talvolta, ad eliminarli sul posto, si dedicavano a razzie di ogni genere, portandosi appresso, nella loro ritirata verso il nord, animali e cose su cui potevano porre mano. E guai a chi si faceva sorprendere a dare ascolto ai fuggitivi. Altro grande dolore ho provato quando alcuni miei coetanei, scoperti ordigni bellici abbandonati da soldati in fuga, hanno cercato di scoprirne i segreti: una tremenda esplosione ha accompagnato più di una volta questo tentativo, dilaniando giovani corpi e inondando di sangue luoghi e persone. Riziero, Mariano, Giggetto sono i nomi di alcuni miei compagni di giochi che hanno pagato con la vita la loro curiosità.
Però ho scritto anche che vi furono episodi che provocarono in me rossori di vergogna e timore perché vissuti con l’innocenza e la naturalezza di una gioventù propria di quel tempo, non smaliziata e disinibita come quella odierna. Mi riferisco ai rapporti con l’altra metà del cielo, irraggiungibile in tutti i modi, per la costante e minacciosa presenza della famiglia e per il senso di colpa grave, direi peccato, inculcato dai sacerdoti quando si affrontava il tema del sesso. E allora cosa si poteva fare di più di un tentativo di giocare al dottore e all’ammalata?
Giustamente a questo punto mi si potrebbe chiedere: Ma cosa c’entra tutto ciò che ci stai raccontando con il service di Gerano?
Risposta: Certamente con il service nulla; ma con Gerano, sì. E tanto! E sempre per colpa del Past Presidente Testi, il quale poteva proporre un service a Canicattì: lì non ci sono mai andato. E poi: la vogliamo o no concedere, almeno in extremis, a chi impugna la penna - sia pure elettronica - una licenza poetica? (E. Maggi)

INTERVENTO DEL PRESIDENTE PAOLO TESTI


Carissimo don Giovanni!
Carissimi Amici!
Carissimi Paesani!

Questa riunione vuole essere sopratutto un incontro in Famiglia; non assisterete, quindi, ad una fredda Cerimonia; ecco perché ho ritenuto fossero fuori luogo vuote formule rituali!

È con grande commozione che mi appresto a consegnare a Te, don Giovanni, e, Tuo tramite, alla Comunità di Gerano, l’Altar Maggiore della Chiesa di San Lorenzo.

Chiesa a me particolarmente cara. Infatti – concedetemi il richiamo personale – qui fu battezzato, nel lontano 1868, il mio amatissimo Nonno Emilio, mentre alla ristrutturazione di detta Chiesa concorse – sul finire del XVIII secolo – il mio quadrisavolo, Leonardo Lelli.

Anche per tali ragioni sentimentali, quando la Commissione per l’assegnazione dei Services del mio Lions Club di Roma Aurelium, senza che avessi posto in essere pressioni alcune, scelse l’Altare di San Lorenzo, il mio cuore palpitò di indiscrivibile gioia.

Se è certo che la Famiglia è il nocciolo entro cui la persona trova conforto e spinta nel lungo cammino della nostra esistenza, non vi è dubbio che la fortuna di vivere in un centro di poche Anime come il nostro ci rafforza di più, facendoci sentire parte di un mondo che viene da lontano e va oltre il futuro.

Con questo Service, dunque, sono convinto di aver ottemperato: sia alla "Missione dei Lions", che è quella «di servire la loro comunità», sia ad uno degli scopi principali della Associazione Internazionale dei Lions Clubs, quello di «prendere attivo interesse al bene civico, culturale, sociale e morale della comunità».

Ben a ragione la Comunità di Gerano è stata scelta dal Consiglio Direttivo del Lions Club di Roma Aurelium, come luogo in cui operare per questo anno; a Gerano, non sono legato solo io, ma anche l’amico Lion e paesano: Enzo Maggi, che provvide, durante il Suo Presidentato, al restauro della Sacra Immagine della nostra «Madonna del Cuore». Gerano è stata meta di tante allegre gite alla villa di Cira ed Enzo. Durante la nostra Annata, la mia Angela ed io abbiamo organizzato parecchi incontri nella nostra Residenza: l’Assemblea Plenaria dei Soci e il Consiglio Direttivo; la Festa di Primavera per la raccolta di fondi e altre simpatiche riunioni.

Grazie infinite, quindi, a don Giovanni per aver dato al nostro Club la possibilità di tener fede all’impegno del Lions International: WE SERVE!

Intervento del Presidente

 

Lapide che ricorda il primo restauro

 

Intervento del Parroco Don Giovanni

 

Intervento del Sindaco

 

Altar Maggiore prima del restauro

 

Altar Maggiore dopo il restauro

 

Targa

 

Targa in sito

 

Intervenuti

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