Sintesi degli interventi sul Tema trattato nel Convegno di Tivoli del 25 Gennaio
2003 e considerazioni, a margine, del Presidente della Commissione istituita
dal Club Roma Aurelium.
Il 25 Gennaio u.s. si è svolto a Tivoli un convegno, organizzato dai Lions Club di Tivoli Host, Tivoli d’Este e Terra dei Volsci, per trattare il tema distrettuale di studio “Il Lionismo invecchia, come reagire?”. L’incontro ha registrato la presenza e gli interventi sia di Past Governatori che di componenti il Comitato Distrettuale istituito ad hoc ed è risultato molto interessante, anche perché non sono mancate voci dissonanti sia in via di principio che in tema di vita all’interno dei Clubs.
Nel redigere la presente relazione, dopo aver sintetizzato quanto esposto dai vari relatori, mi permetterò di esplicitare il mio pensiero che, non verificato per ovvi motivi temporali, potrebbe non assurgere ad ufficialità di Club.
Il PDG Carlo PADULA, dopo aver reso noto che la paternità del tema è da far risalire al Past Direttore Internazionale Taranto, recentemente scomparso, afferma di non condividere del tutto la formula pessimistica così come è stata proposta anche perché, se è vero che esiste una crisi nelle aree asiatiche e americane, che hanno visto la chiusura di ben 312 Clubs, altrettanto non può affermarsi per l’Europa dove, a suo dire, vi sarebbe invece un aumento di Clubs. Riconosce però che si deve registrare un contrazione nell’entusiasmo che deve essere alla base del nostro associazionismo e che costituisce la spinta che favorisce la partecipazione individuale. Ritiene che una delle cause di questo aspetto negativo è da ricercare in un cerimoniale sorpassato e vetusto.
L’avv. Aldo GRASSI, componente il Comitato Distrettuale, dopo aver constatato che il tema si presenta come una affermazione netta e, quindi, non discutibile, ritiene che lo stesso ci pone di fronte lo studio e la individuazione dei rimedi. Premesso che il Lionismo come tale e cioè nelle sue proposizioni etiche non può presentare aspetti di vecchiaia in quanto propugna e interpreta valori sempre validi, l’oratore sostiene che sicuramente si deve riflettere invece su alcune modalità che attengono alla loro interpretazione e applicazione che appaiono, queste sì, invecchiate. A questo punto inizia ad elencare una serie di atteggiamenti e situazioni che rischiano, se non di rendere vecchio il Lionismo, per lo meno di renderlo opaco dal punto dell’appeal. Spesso per molti diventare Lion significa acquisire uno “status simbol”, con uno scopo anche non troppo vagamente utilitaristico: atteggiamento che potrebbe essere validamente contrastato se l’ammissione di un socio fosse preceduta da un aspirantato più lungo che tra l’altro servirebbe (è il mio personale convincimento) ad evitare in seguito quelle anacronistiche e non comprensibili convocazioni a frequentare corsi di formazione (!) rivolti a persone che siedono ormai ai vertici professionali. Proseguendo: molte volte il ruolo del Lion, all’interno del Club, diviene quello, non soddisfacente, di uno spettatore che assiste allo svolgimento di “res inter alios acta”. E questo accade anche oltre il Club, nell’ambito della piramide che si eleva dalla base (Lion) fino al vertice (Governatore) e che, assumendo una struttura ormai elefantiaca ed opprimente, rende difficoltoso tramutarsi da spettatori a protagonisti. L’oratore termina auspicando un maggior raccordo dei Clubs con la realtà territoriale.
L’avv. Vincenzo MENNELLA, componente il Comitato Distrettuale, dopo aver condiviso l’opinione del precedente oratore circa la non discutibilità della valenza dei valori etici del Lionismo, si pone la domanda se l’Associazione è oggi in grado di perseguire le sue finalità, ma non per sua intrinseca inadeguatezza, bensì per i mutamenti che sono avvenuti, e continuamente avvengono, nella società alla quale ci si rivolge, ampliatasi come numero di individui che come esigenze. Probabilmente la crisi interna, della quale si lamenta l’esistenza, si ritrova nella non corrispondenza tra nuove esigenze e nuovi fatti e la nostra possibilità di fornire risposte. A questo punto ci si dovrebbe porre una domanda: siamo in grado di rispondere? Ma la risposta deve poter coinvolgere il Lionismo in tutte le sue articolazioni e nei rapporti che tra di esse intercorrono , cioè, il Socio, il Club, il Distretto per terminare nella società. Perciò: socio di qualità, partendo dal quale realizzare una catena virtuosa che ha come ultimo obiettivo il il rapporto finale esterno, il service. A proposito del quale si auspicano iniziative distrettuali di durata poliennale, al fine di una maggiore visibilità.
Il PDG Osvaldo DE TULLIO non è d’accordo circa la formulazione apodittica del tema, la quale sembra dare per scontato e quindi non necessitata di dimostrazione che il Lionismo è invecchiato. Se vi sono delle strutture sovradimensionate, rapporti difficoltosi e quanto altro lamentato dai precedenti oratori, ciò non significa invecchiamento. Se sono valide le osservazioni sopra formulate, si proceda alle necessarie modifiche. Ma, afferma l’oratore, il Lionismo è vivo e vitale sia dal punto di vista delle iniziative nel campo dell’intelligenza (cita i “Quaderni del Lionismo”) che nel concreto del sociale. Probabilmente necessita di maggiore snellezza sul piano amministrativo e nei rapporti tra Distretto e Multidistretto e, dopo aver accennato ad una doppia identità del Socio che si evidenzia in una maggiore propensione allo svago di fronte ad un’altra vocata all’impegno, chiude ricordando che con gli anni ’70 si è aperto un nuovo ciclo del Lionismo, che lo vede maggiormente impegnato nel sociale.
Il PDG Bruno FERRARO, nel sottoscrivere i precedenti argomenti, si augura che vengano accantonati programmi elefantiaci e si passi all’azione dopo aver ben studiato, nel Club, la migliore collocazione nella comunità. Si augura, altresì, che nel Club regni pure la dialettica, ma essa non deve mai sfociare in una diaspora, anche per porre un freno alla proliferazione dei Clubs. E’ favorevole ad un ridimensionamento delle strutture intermedie ed apicali e si aspetta che dal presente incontro scaturiscano idee in proposito.
Il PDG Enrico CESAROTTI, dopo aver premesso di condividere il contenuto dei precedenti interventi, afferma di vedere nel socio Lion colui che agisce concretamente e non colui che vive il Lionismo in maniera astratta. Gli sembra di scorgere nel tema proposto e in trattazione questa sera, una richiesta di aiuto, un invito a leggere in noi stessi per accertarsi se per caso non stiano vacillando le nostre motivazioni. Riconosce la bontà intellettuale dei “Quaderni del Lionismo”, ma stenta a vederne la loro traduzione nella realtà sociale, anche se possiamo vantare a nostro merito che in molti campi noi Lions precorriamo altre istituzioni. Dobbiamo vivere lionisticamente la società nel quotidiano e sul territorio. Altro punto fondamentale: ristabilire la cultura dell’amicizia, disarmando qualsiasi motivo di conflittualità tra soci.
Il Lion Alberto TARANTINO, quale ultimo degli intervenuti, afferma che dobbiamo fare del tutto affinché la nostra Associazione rimanga sempre viva e vitale, perché è da queste caratteristiche che i soci vengono aiutati a non invecchiare. Se siamo troppo ripetitivi e pletorici nelle strutture, rischiamo un calo di entusiasmo e una indifferenza che porranno in grave pericolo progetti innovativi e favoriranno attriti e personalismi ed emergeranno deleterie superficialità. Per un maggiore coinvolgimento dei soci, trovino più spazio i dibattiti a scapito delle pure e semplici relazioni. Espone un richiamo all’osservanza delle regole, specialmente in tema di ammissione di nuovi soci e, se necessario, aggiornare gli statuti. Termina affermando la validità del Lionismo quale indirizzo di vita e di comportamento.
Il PDG Carlo PADULA nel trarre le conclusioni dell’incontro, si rallegra della profondità di tutti gli interventi e invita i presenti a far tesoro degli stessi, anche se non sono mancate divaricazioni, peraltro utili per meglio riflettere e per maggiore consapevolezza. Riconosce che il titolo del tema possa apparire pericoloso perché provocatorio: ben venga questa provocazione, se servirà ad aprire proficui dibattiti in seno ad ogni Club. Perché il tema non si conclude questa sera.
Considerazioni a margine del Convegno
Nel seguire la scaletta degli interventi e richiamando le argomentazioni esposte, debbo osservare:
A) PADULA: Partecipazione individuale.
Il nostro Club da sempre ha promosso il coinvolgimento dei Soci nella vita interna,
chiamandoli sempre a ricoprire incarichi societari e, spesso, anche a svolgere
relazioni nelle conviviali ufficiali (ad es. Manucci, Focosi, Gallone, Pirro,
Dori, Maggi, ecc.). E questo proprio per conseguire il fine di una concreta
realizzazione di una vera amicizia e per evitare quelle “…..frustrazioni
e delusioni che debbono farsi risalire ad atteggiamenti ed iniziative che poco
a punto si conciliano con le finalità che sono alla base del nostro associazionismo:
personalismi eccessivi, al limite del culto della personalità; obiettivi
a noi estranei o illusori indicati come cadenzanti la nostra azione; burocraticismi
e formalismi degni di riti orientali….” (Passaggio della Campana
da Lomonaco a Maggi – Giugno 1999)
B) GRASSI: Ammissione nuovi Soci.
L’argomento necessita di un serio e sereno approfondimento, scevro da
atteggiamenti radicali ed elitari ed anche da polemiche passate e presenti.
C) MENNELLA: Rapporti con la società.
Nel novembre del 1997, in occasione della celebrazione del 32° Anniversario
del Charter Night, interpretando il pensiero del nostro Club, sottolineavo la
nostra “….innata e spontanea vocazione a percepire con attenzione
i problemi, le necessità, i bisogni dell’umanità che ci
circonda e venire loro incontro come e laddove si può, ma comunque sempre
con tempestività. E nell’affermare ciò, non è assolutamente
necessario impegnare le coscienze sul piano evangelico o di qualsiasi altra
religione che inviti il credente a ben operare nei confronti del prossimo con
la prospettiva di una ricompensa nell'ultraterreno: è sufficiente che
l’individuo veda nell’altro la proiezione esterna del proprio “io”
perché sia più che giustificata, se necessario, l’esigenza
di un atto d’amore.”.
D) DE TULLIO: Temi di studio.
Nel novembre del 1999 il nostro Club già percepiva l’esigenza di
dare una svolta concreta agli impegni intellettivi della nostra Associazione
e concordava con la mia affermazione “….Ben vengano gli impegni
distrettuali e nazionali sui temi di studio: essi sono utili e necessari per
individuare, inquadrare, studiare situazioni di disagio e di impegno della società
nella quale viviamo e, conseguentemente, suggerirne soluzioni a chi di competenza
o intraprenderne autonomamente, proprio come service.” (Visita del Governatore
Pegoraro - Novembre 1999). Quindi, la loro proposizione non ci stupisce e non
ci trova impreparati.
E) FERRARO: Programmi elefantiaci.
Sempre nel novembre del 1999 e nello stesso intervento, il passo così
proseguiva: “E mi permetto di opinare che altrettanto debba dirsi delle
proposte di service su scala nazionale e distrettuale, almeno per quelle che,
se traguardate su realtà sovradimensionate e complesse come potrebbe
essere una città come Roma, rischiano di essere illusorie o velleitarie,
laddove si pensi di coinvolgere su proposte operative autorità politiche
profondamente divergenti e divaricate, o amministrative, sempre preoccupate
di non dispiacere quelle politiche.”.
F) CESAROTTI: Vivere la società.
Non si può dimenticare la nostra attività impegnata nel sociale,
testimoniata dalle miriadi di services e proprio nell’annata del Governatore
Cesarotti è stato dato impulso maggiore al nostro impegno calandoci nel
territorio (XVIII Circoscrizione), programmando interventi ad adiuvandum ed
autonomi e di rilievo nazionale (Parco Melvin Jones a Roma). Le parole di seguito
trascritte sembrano aver avuto un impulso profetico in quanto affermato poco
prima, chiosando l’intervento di Ferraro. Infatti, il 24 novembre del
2000, celebrando il 35° Anniversario della Charter Night, affermavo:
“…E’ ben vero che a Roma sarà se non impossibile, certamente
molto difficile stabilire una esatta sovrapposizione territoriale tra Club e
Circoscrizione per una serie di intuibilissime ragioni; ma ritengo che indicare
al Socio che quest’anno l’azione del Club avrà un obiettivo
ben preciso anche nella sua collocazione territoriale e avrà un connotato
di piena socialità e beneficio di una identificata comuinità,
contribuisca ad una maggiore motivazione individuale e, di conseguenza nell’amalgama
del Club, collettiva…….In sintesi: meno vacarietà e più
prposte, meno distacco e più politica, intesa quest’ultima nella
sua accezione ellenica.”.
G) TARANTINO: Ritrovare l’entusiasmo
Lucido e appassionato l’intervento di Tarantino, il quale ha ritenuto
di individuare nel calo dell’entusiasmo iniziale, con il quale parte la
presenza del singolo all’interno di un Lions Club, il tarlo che poi procurerà
altri guasti alla vita associativa. Una maggiore coesione e un afflato amicale,
da praticare anche con incontri familiari (come da anni praticano i Soci del
nostro Aurelium) non potranno che giovare alla vita del Club e, di conseguenza,
a quella associativa.
A questo punto qualcuno potrebbe concludere: allora è stata decretata
la inutilità del tema distrettuale proposto e del conseguente convegno?
Assolutamente no. Ho voluto semplicemente dimostrare, con una vena di giustificato
orgoglio, che il nostro “prestigioso Club Aurelium” non si sente
assolutamente vecchio e vive pienamente i valori dell’Etica Lionistica
e applica, con intelligenza e opportunità, i dettami indicati negli Scopi
del Lionismo.
(Enzo Maggi)
Relazione della Commissione istituita dal Presidente del Club ing. Aldo Ricci
La Commissione ha innanzi tutto rilevato il tono apodittico con il quale viene
formulato il tema offerto alla meditazione e alla discussione di tutti i Lions
Club del Distretto e cioè presentando una affermazione netta che sembra
dare per scontato e quindi non necessitato di dimostrazione che il Lionismo
è invecchiato.
L’impressione ricevuta trova conforto nelle argomentazioni contenute negli
interventi di vari oratori che hanno partecipato ad un convegno svoltosi a Tivoli
il 25 Gennaio 2003, tra cui i Past Governatori Padula, Ferraro, Cesarotti e
De Tullio i quali hanno tutti introdotto il loro dire contestando, con argomenti
vari, la apoditticità del titolo del tema.
Affermare senza tema di smentita che il Lionismo invecchi (se non addirittura già lo sia), sta a significare che i valori elencati nel Codice dell’Etica lionistica stiano rischiando di perdere la loro valenza, alla stregua di una qualsiasi ideologia soggetta a mutamenti sociali e politici e ad attacchi di altre ideologie concorrenti o addirittura contrapposte. Valori come l’amicizia, la solidarietà, la giustizia sociale, la promozione al servizio, i doveri verso il prossimo e la società sono affermazioni che potrebbero anche prestarsi ad essere sponsorizzate sul piano dottrinale con facilità; ma se non trovano concreta realizzazione nel quotidiano restano pure e semplici affermazioni velleitarie e inconcludenti, destinate prima o poi a dissolversi, come la storia recente ci ha dimostrato.
Al contrario, la Commissione ritiene che oggi come non mai l’Etica lionistica abbia possibilità e urgenza di esplicarsi pienamente e con maggiore efficacia. Nessuno può negare che il mondo, diciamo meglio la società del terzo millennio, sia in grado di essere conosciuta e raggiunta in ogni sito meglio di quanto fosse possibile nel lontano 1917 e, quindi, il terreno che si offre al Lionismo di esplicarsi compiutamente e concretamente è ben più ampio di quello che si presentava allora. E questo grazie anche alla globalizzazione delle comunicazioni e, quindi, delle conoscenze. E purtroppo questa facilità e totalità di conoscenza ha fatto prendere coscienza di situazioni di tale estrema indigenza e povertà che potevano allora essere sconosciute e che oggi, invece, appaiono semplicemente incredibili.
Come si può, allora, pensare che, dinanzi ad un quadro desolante che ci viene offerto tutti i giorni, individui concettualmente, diremmo quasi geneticamente portati al servizio, pronti a ben operare nei confronti del prossimo anche senza la prospettiva di una ricompensa nell’ultraterreno, ma soltanto perché vede nell’altro la proiezione esterna del proprio “io” si adoperano disinteressatamente in un atto d’amore, ad un tratto vedano esaurirsi questa spinta e assistano senza reagire allo svuotamento di valori fondanti e assoluti ai quali hanno sempre creduto e che hanno praticato. Ci troveremmo all’anticamera dell’”homo homini lupus” di hobbesiana memoria.
A questo punto, se quanto sopra affermato, vale a dire la sempre esistente attualità dell’Etica lionistica trova conforto nella realtà, la Commissione ritiene che altro dovrebbe essere l’obiettivo della ricerca e cioè: non invecchia il Lionismo inteso come formulazione di un impegno che tende a “creare e promuovere tra tutti i popoli uno spirito di comprensione per i bisogni umanitari attraverso volontari servizi coinvolgenti le comunità e la cooperazione internazionale”, bensì quello che prende corpo come Associazione, ovvero come articolazione di un organismo complesso che sta rischiando di autorefenziarsi e, quindi, di assumere strutture elefantiache, sovradimensionate ed opprimenti al punto tale da rendere difficoltosa la possibilità del Lion di trasformarsi da spettatore a protagonista, rendendo contemporaneamente complicati i rapporti tra realtà locali con un eccesso di burocraticismo.
Nel Convegno di Tivoli non sono mancate voci autorevoli (e, come tali, inaspettate!) che hanno appunto lamentato gli aspetti negativi di una ricerca esasperata di un cerimoniale sorpassato e vetusto, con il ripetersi di riti quasi barocchi nei quali si crogiolano i soliti noti e che hanno come conseguenza anche una contrazione dell’entusiasmo che deve essere la base e alla base del Lionismo e che costituisce la spinta che favorisce la partecipazione individuale.
Ma si possono registrare anche altri effetti collaterali negativi da ascrivere al venir meno dell’entusiasmo di cui sopra si è detto. Un effetto negativo si riscontra allorché persone che, appagate sul piano sociale e professionale, hanno motivatamente aderito alla vita di un Lions Club, venuta meno la spinta iniziale reagiscono o partecipando sempre più raramente alla vita del Club fino a chiamarsi fuori, oppure contribuendo al sorgere di piccoli clan all’interno dello stesso Club, magari motivati da interessi professionali comuni e che di certo non servono ad ampliare il vincolo di amicizia e solidarietà generalizzata fra i Soci che è presupposto necessitato all’entusiasmante solidarismo sociale. Anche questo atteggiamento può portare alla definitiva uscita del Socio dal Club, da solo o con l’intero clan.
A questo punto scatta un altro effetto negativo: il desiderio, molte volte caldeggiato dalle strutture gerarchiche sovrastanti e quindi necessitato, di reintegrare l’organico il più rapidamente possibile ha come conseguenza un arruolamento indiscriminato, non ragionato e affrettato. Nella fauna umana non è difficile trovare persone per le quali diventare Lion significa acquisire uno “status simbol”, con uno scopo anche non troppo vagamente utilitaristico: atteggiamento che potrebbe essere validamente contrastato se l’ammissione di un socio fosse preceduta da un aspirantato più lungo che tra l’altro servirebbe ad evitare quelle anacronistiche e incomprensibili convocazioni a frequentare corsi di formazione rivolti a persone che siedono ormai ai vertici professionali.
Anche la sempre più scarsa propensione, da parte dei Soci, ad assumere cariche verticistiche che comportano oneri e sacrifici è un ulteriore segnale preoccupante che, a giudizio della Commissione, potrebbe essere validamente contrastato coinvolgendo il Socio, fin dal suo ingresso nel Club, su temi di studio oppure operativi nei rapporti con i problemi della società che ci circonda, in una parola farlo sentire utile in situazioni che gli sono congeniali e, se non più in produzione, ancora efficiente all’interno e all’esterno del mondo lionistico.
Altro aspetto importante da valorizzare: far comprendere ad ogni Socio, autorità verticistiche comprese, che il far parte del mondo lionistico non deve essere considerato uno “status simbol uti singuli”, bensì un importante elemento di una identità collettiva in cui gli appartenenti devono muoversi in sintonia ed interpartecipazione.
Un ultimo elemento che, a parere della Commissione, potrebbe avere ricadute positive sul piano della qualità del Socio: adoperarsi affinché, conseguito un avanzamento dell’età di uscita dal Leo Club, vi sia un automatico ingresso nel Lions Club. Si otterrebbe l’acquisizione di persone validissime sul piano della operatività e del servizio.
Roma, 11 Aprile 2003